Page 12 - La Massoneria Rivelata
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atei o, nel migliore dei casi, deisti; secondo altri erano eretici,
                altri  ancora  li  consideravano  agenti  degli  scismatici  anglicani,

                una  sorta  di  quinta  colonna  volta  a  tramare  contro  il

                cattolicesimo.  Quest’ultima  ipotesi  era  accreditata  da  James
                Francis  Edward  Stuart,  Giacomo  III,  il  vecchio  pretendente  e

                dalla sua corte, che avevano trovato un sicuro rifugio nella città
                capitolina.

                    Finché  il  contagio  massonico  non  lambì  l’Italia,  il  timore
                rimase  tale,  ma  quando  si  ebbe  la  certezza  che  aveva  ormai

                raggiunto il Belpaese, si mutò in panico.
                    A questo punto si pone però un problema: dove approdò la

                massoneria? Secondo alcuni indizi la prima loggia sarebbe sorta
                a Napoli nel 1728, e il suo nome sarebbe stato Perfetta Unione,

                come  testimonierebbe  un  sigillo  e  un  documento.  Su  questa

                presunta  officina,  tuttavia,  ne  sappiamo  ben  poco,  cosicché  la
                nostra  storia  deve  doverosamente  partire  da  un  altro  gruppo,
                quello fiorentino, la cui vita è accertata e ben documentata.

                    A Firenze la loggia nacque probabilmente nel 1731, grazie ad

                alcuni  residenti  inglesi,  all’epoca  numerosissimi  nella  capitale
                granducale. Il primo Maestro Venerabile fu mister Fox, al quale

                subentrò lord Charles Sackville. L’officina contava fra gli iscritti
                alcuni  esponenti  lontani  dal  conformismo  cultural-religioso

                della  chiusa  e  provinciale  città  del  giglio.  Erano,  per  usare  un
                termine inesatto ma calzante, intellettuali irrequieti, attratti dal

                nuovo  che  si  era  diffuso  nella  lontana  Europa.  Fra  questi
                ricordiamo  Antonio  Cocchi,  Antonio  Niccolini,  Tommaso

                Crudeli,  Giuseppe  Maria  Buondelmonti.  Oltre  agli  inglesi,  vi
                erano  poi  altri  stranieri  che  l’arte,  la  cultura,  il  commercio  e

                l’antiquariato  avevano  richiamato  in  Toscana.  Figura
                emblematica  era  quella  di  Philipp  von  Stosch,  uno  dei  più

                celebri  antiquari  del  XVIII  secolo,  amico  e  corrispondente  di
                Johann  Winckelmann.  Era  un  collezionista  di  grido  che

                possedeva, tra l’altro, ben ventottomila calchi in zolfo di cammei

                e  gemme  intagliate.  Non  era  uno  stinco  di  santo,  anzi,  aveva


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