Page 139 - Il giornalino di Gian Burrasca
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andato via.
               Mentre il sindaco prendeva degli accordi col notaro per distribuire ai poveri i denari lasciati loro
            dal povero signor Venanzio, la Cesira mi ha detto:
               - Ha visto, sor Giovannino, com'è rimasto il sor padrone!
               - Eh! il bello è che se la pigliava con me.
               - Già. Chi sa che scena farà a casa! Io non so come fare a andarci!..
               - Che t'ímporta? Ormai tu sei una signora... Vedi che cosa vuol dire a trovar bene un soprannome
            a un vecchio paralitico?... -
               In quel momento il sindaco aveva finito di firmar fogli e fissare col notaro, e questi ha chiamato
            la Cesira alla quale ha detto di ritornar da lui l'indomani.
               Così rimasto solo nella stanza, il notaro ha aperto un cassetto della sua scrivania, ha levato fuori
            un involto e alzandosi gli occhiali e guardandomi fisso in faccia mi ha detto:
               - Il defunto signor Venanzio Maralli era veramente un originale, ma a me non sta il giudicarlo, e
            il mio dovere di notaro è di seguire fino all'ultimo le sue volontà testamentarie, sieno esse state
            espresse per iscritto che a voce. A voce dunque il signor Venanzio mi disse: - Io ho qui un involto
            contenente mille lire in tanti biglietti di banca da cinque che desidero, dopo la mia morte, sieno
            consegnati a brevimano e senza che nessuno veda e che nessuno venga a saperlo, al cognato di mio
            nipote, Giovannino Stoppani, col patto che egli li prenda e li tenga con sé e ne disponga a suo
            piacere e non dica a nessuno di possedere tale somma. -
               Queste parole che mi hanno empito di meraviglia il notaro le ha dette con un tono di voce uguale
            come se le avesse imparate a mente. Poi cambiando accento mi ha detto accarezzandomi:
               - Il defunto mi disse che tu eri la disperazione de' tuoi parenti...
               - Ora però sono diversi giorni che sono buono! - ho detto io.
               - Meno male! Guarda dunque di non usar male del denaro che ti consegno. Forse il defunto
            signor Maralli lasciandotelo senza alcun vincolo e nessuna vigilanza ha voluto darti una prova di
            grande stima e di grande fiducia... e sia per questo, o sia che per la sua bizzarra natura si sia
            divertito a pensare a quel che tu avresti potuto fare trovandoti in possesso di questi quattrini, ho
            creduto mio dovere di darti un consiglio che la mia qualità di notaro e di esecutore testamentario
            non mi vietava... -
               E mi ha consegnato l'involto. Poi ha aggiunto porgendomi anche l'astuccio col dente del defunto:
               - E questo? Tuo cognato te lo ha ceduto. Prendi; e ora ti farò riaccompagnare a casa. -
               Io ero così confuso da tante inaspettate sorprese che non gli dissi neppure grazie. Sull'uscio dello
            studio era quell'uomo tutto nero che mi aveva accompagnato fin lì e che è sceso giù con me alla
            porta ed è entrato con me nella carrozza che mi ha portato fino a casa.
               Il babbo non c'era, e la mamma e l'Ada mi son venute subito d'intorno a farmi mille domande.
               Quando hanno saputo che il signor Venanzio aveva lasciato tutto il suo patrimonio ai poveri del
            Comune e che al Maralli non era toccato che uno spillo d'oro col dente che aveva ceduto a me,
            hanno cominciato a scaricarmi un diluvio di esclamazioni:
               - Come!... Possibile!... Ma perché?... Ma come mai?... -
               Io però ho risposto sempre che non ne sapevo nulla, e quando alla fine ho potuto liberarmi dalle
            loro domande me ne son venuto qui in camera e ho riposto il mio tesoro nel cassetto del tavolino
            che ho chiuso a chiave. Per il resto della giornata ho fatto finta di nulla, ma era tanto il nervoso che
            avevo addosso che il babbo a cena se n'è accorto, e ha detto:
               - Si può sapere che cos'hai stasera, che mi sembri un'anguilla? -
               Finalmente quando sono stato solo qui nella mia cameretta, ho dato libero sfogo alla mia
            emozione e ho contemplato il mio tesoro, e ho contati e ricontati i duecento biglietti da cinque lire
            dei quali sono possessore, e li ripongo nel cassetto del tavolino e lo chiudo, e poi lo riapro e poi li
            ritiro fuori e li rimiro e li riconto daccapo per poi richiuderli e rilevarli senza decidermi a separarmi
            da loro...
               Mi pare d'essere diventato quel vecchio d'una operetta che ho sentita due anni fa che era intitolata
            Le Campane di Corneville; ma però non è per avarizia che contemplo tutti questi quattrini, ma per i
            sogni che ci fo sopra che sono tanti e così diversi! Ho sognato più in queste poche ore che sto
            sveglio, che in tutte le nottate dormite da che son nato!...
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