Page 63 - Maschere_Motta
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Coviello
M olto popolari furono nell’antica Roma i can-
ti fescennini, satire accompagnate da danze
M grottesche, nelle quali, in chiave di una primi-
tiva licenziosità, si chiamavano le cose col loro nome. Alla
memoria di quei canti si rifecero i primi comici dell’arte, rie-
sumando talune figure di personaggi che divennero famosi
in tutta Europa, ma il cui ricordo fu più tardi oscurato dall’af-
fermazione delle più celebri maschere. Così nacque Coviello.
Antica maschera nata nei teatrini popolari di Napoli sul fi-
nire del Cinquecento, che rappresentò il personaggio tipico
dei comici dell’Arte napoletani fin verso la metà del secolo
XVIII, quando la maggior fortuna di Pulcinella ne decretò
praticamente la fine.
Il nome, cui spesso si aggiungevano curiose denomina-
zioni, è di origine abruzzese, e deriva probabilmente da Ia-
coviello (Giacometto). Il carattere, vicino al Capitano, di cui
ripeteva taluni aspetti anche nell’abito, quindi si modificò
in una sorta di stolido trovatore, fino a diventare una varia-
zione del primo Zanni. Lo si trova in quasi tutti gli scenari
di Basilio Locatelli, nella raccolta settecentesca del conte di
Casamarciano e in alcuni scenari inediti veneziani degli ini-
zi del secolo XVIII. Come personaggio, è presente in alcune
commedie, tra le quali L’impresa d’amore di Ottavio Glorizio e
il Pantalon Imbertonao di Giovanni Briccio, oltre che nel Bour-
geois Gentilhomme di Molière, dove ha la funzione del servo
di Cléonte.
Fu interpretato a Roma con eccezionale successo da Sal-
vator Rosa, e che fu da lui descritto come astuto, intrigante,
falso e millantatore, destro nel maneggiare il mandolino e
la spada, sicché gli storici del teatro finirono col riconoscere
in lui taluni dei lineamenti di Trasone, un famoso personag-
gio del commediografo latino Terenzio. Molière trasfigurò il
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