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     L’età contemporanea


      CAMILLO BENSO CONTE DI CAVOUR (1810-1861)
      Secondogenito del marchese Michele e  Risorgimento” (1847) segnò il suo in-
      della ginevrina Adele di Sellon, fu da gio-  gresso in politica, concepito in connes-
      vane ufficiale dell’esercito. Lasciata nel  sione con l’opera fin lì svolta: solo una
      1831 la vita militare, viaggiò in Europa  profonda ristrutturazione delle istituzio-
      per 4 anni, studiando gli effetti della ri-  ni politiche piemontesi e la creazione di
      voluzione industriale in Gran Bretagna,  un’Italia confederata o unita avrebbero
      Francia e Svizzera e assumendo i prin-  reso possibile, secondo lui, quel pro-
      cipi economici e socio-politici del siste-  cesso di crescita economico-sociale
      ma liberale di stampo britannico. Rien-  che aveva auspicato con le iniziative de-
      trato in Piemonte nel 1835 iniziò un’in-  gli anni precedenti. Eletto in Parlamen-
      tensa attività sociale (si occupò di scuo-  to nel giugno 1848, iniziò subito a muo-
      le e asili) e, grazie alla sua attività com-  versi per attuare un programma di mo-
      merciale e bancaria, divenne in breve  dernizzazione liberale; per questo era
      uno degli uomini più facoltosi del Pie-  fortemente contrario alla democrazia
      monte. La fondazione del quotidiano “ll  imposta attraverso la rivoluzione.

                    do-Veneto, il popolo insorse pochi giorni dopo i moti scoppia-
                    ti a Vienna e che costarono il licenziamento di Metternich. A Ve-
                    nezia la sollevazione (17 marzo) portò alla liberazione dal car-
                    cere di Niccolò Tommaseo e Daniele Manin, che istituirono
     Le 5 giornate  un governo democratico. A Milano si ebbero le 5 giornate (18-
                    23 marzo) che culminarono nella cacciata degli Austriaci co-
                    mandati dal maresciallo Radetzky: essi si rifugiarono nel qua-
                    drilatero compreso tra le fortezze di Verona, Mantova, Legnago
     Carlo Alberto  e Peschiera. A questo punto decise di intervenire Carlo Alber-
     interviene     to, spinto a ciò da manifestazioni popolari, dal desiderio di non
                    vedere trionfare i repubblicani e dalla convinzione che fosse
                    giunta l’ora di istituire quel Regno dell’Alta Italia, obiettivo tra-
                    dizionale della dinastia sabauda. Il 23 marzo entrò in guerra, e
                    le sue truppe entrarono in una Milano già liberatasi da sola il
                    26. Intanto, più per la pressione dell’opinione pubblica che per
     La coalizione   intima convinzione, i sovrani di Granducato di Toscana, Regno
     anti-austriaca  delle Due Sicilie e Stato della Chiesa schierarono i propri eser-
                    citi al fianco dei Piemontesi. Un’ondata di entusiasmo patriot-
                    tico percorse la penisola, ma l’atteggiamento di Carlo Alberto,
                    che intese assurgere a leader della coalizione, e il timore di una
                    poderosa reazione austriaca fecero sciogliere prematuramente
     La disgregazione  l’alleanza. Così, visti gli irrilevanti successi militari di Pastrengo
     dell’alleanza  e Goito, e la minaccia di scisma religioso da parte asburgica, il
                    papa si ritirò dal conflitto (29 aprile 1848), seguito da Leopol-
                    do II e da Ferdinando II alle prese con una grave rivolta inter-
                    na. Per quanto reali fossero tali timori, un’ulteriore ragione per
                    cui la coalizione si disgregò fu l’intenzione dei sovrani italiani
                    di ostacolare i sogni egemonici di Carlo Alberto. Intanto la guer-
                    ra proseguiva. Volontari toscani rallentarono gli Austriaci a Cur-
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