Page 264 - Storia della Russia
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Le difficoltà della democrazia

        La vittoria alle elezioni presidenziali del 1991 conferì a El’cin un’autorità politica senza
        precedenti. Con la nascita dell’Unione, il sistema di controllo politico dell’era sovietica fu
        quasi completamente abolito. Ma il duro programma di riforme da lui sostenuto provocò
        un crescente malcontento, mentre lo stile di governo relativamente autocratico e le sue
        scelte politiche lo portarono verso un conflitto sempre più aperto con il Parlamento russo
        (Congresso e Soviet supremo), anch’esso investito di un mandato elettorale. Il Parlamento,

        la  cui  composizione  risaliva  ancora  alle  elezioni  del  1990,  comprendeva  molti  critici
        intransigenti  della  politica  presidenziale  e  divenne  il  centro  dell’opposizione,  guidata
        dall’ex  alleato  di  El’cin  Chasbulatov,  che  contava  sull’appoggio  del  vicepresidente
        Ruckoj.  La  tensione  continuò  a  salire:  le  politiche  del  presidente  venivano  sempre  più
        osteggiate.  Alla  fine  nel  1993,  con  un  decreto  presidenziale,  fu  sciolto  il  Parlamento  e
        vennero  annunciate  nuove  elezioni.  In  tutta  risposta,  il  Parlamento  dichiarò  illegale  il
        decreto, depose El’cin e insediò al suo posto Ruckoj, che lanciò un appello per un’azione
        di  massa  contro  il  Cremlino.  Entrambe  le  parti  rivendicavano  il  mandato  popolare.  La
        situazione di stallo si risolse soltanto quando El’cin proclamò lo stato di emergenza e il 4
        ottobre convinse il suo riluttante ministro della Difesa ad attaccare la Casa Bianca, in cui il
        Parlamento si era asserragliato e che lui stesso aveva difeso due anni prima. Quando i
        cannoni cominciarono a sparare, i parlamentari si arresero: furono imprigionati insieme ad
        alcuni golpisti del 1991.

           Nelle elezioni di dicembre fu approvata una nuova Costituzione, proposta da El’cin, che
        gli concedeva vastissimi poteri presidenziali. Ma l’elettorato dimostrò di disapprovare la
        violenza usata alla Casa Bianca, affidando una buona fetta dei 450 deputati della nuova

        Duma di stato al Partito liberaldemocratico ultranazionalista di Vladimir Žirinovskij e al
        rifondato  Partito  comunista  della  Federazione  Russa,  guidato  da  Gennadij  Zjuganov.
        L’equilibrio  parlamentare  cambiò  con  le  elezioni  del  1995,  quando  Zjuganov  e  il  suo
        gruppo  divennero  il  partito  maggiore.  Ma  alle  elezioni  presidenziali  del  1996,  nel
        ballottaggio  tra  Zjuganov  e  El’cin,  quest’ultimo  ottenne  un’ampia  maggioranza,  un
        risultato  raggiunto  anche  grazie  al  monopolio  dell’informazione  televisiva,  a  un  losco
        lavoro  di  propaganda,  a  favori  economici  elargiti  a  ricchi  sostenitori  e,  probabilmente,
        anche a brogli elettorali. Queste elezioni, in effetti, non rappresentarono il trionfo della
        democrazia e furono in linea con altri atteggiamenti autoritari dello «zar Boris», la cui
        riconferma, tuttavia, fu salutata con favore in Occidente.

           Dopo il 1993 El’cin ebbe la fortuna di non dover affrontare nessun avversario di un
        certo calibro. Le maggiori istituzioni nazionali dipendevano da lui o lo assecondavano. La
        Chiesa  ortodossa,  recuperata  l’autorità  di  un  tempo,  aveva  bisogno  dello  stato  per  le
        proprie entrate e per l’appoggio contro le altre confessioni: il patriarca Alessio II sostenne
        apertamente  El’cin.  Le  forze  armate,  prive  di  mezzi,  demoralizzate  e  incapaci  di
        provvedere ai contingenti ritirati dai paesi dell’Est, mancavano di una leadership unitaria e

        non furono capaci di formare un’opposizione politica. I nuovi media preferirono attaccare
        i vizi privati di El’cin piuttosto che la sua politica; le élite beneficiavano del suo regime.
        L’avversario più temibile era rappresentato dal nuovo Partito comunista, la cui ideologia
        divenne  sempre  più  nazionalista  e  conservatrice;  Zjuganov  si  dichiarò  cristiano.  Tra  il
        1995 e il 2001 il Partito comunista dominò la Duma, ma dopo la vittoria elettorale del
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