Page 263 - Storia della Russia
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era comunissimo; i professionisti, in attesa di ricevere lo stipendio, coltivavano verdure e
allevavano galline nelle loro dacie. Criminalità e violenza aumentarono poiché i criminali
approfittavano di operazioni ufficiali e commerciali; divenne normale esportare
illegalmente metalli preziosi e tutto ciò che poteva essere venduto, così come le fughe di
capitali verso banche svizzere (una parte del denaro trasferito proveniva
dall’appropriazione indebita dei prestiti ottenuti dal Fondo monetario internazionale). Chi
beneficiava di quel sistema poteva comprare beni di ogni genere, importati o di
produzione interna, disponibili in sempre maggior quantità, e i «nuovi russi» di successo si
diedero a uno stile di vita di consumi sfrenati. Inoltre, i salari aumentarono gradualmente e
la privatizzazione cominciò a prendere piede: alla fine del 1994 quasi metà dei lavoratori
era impiegata in un’impresa privata. La presenza statale rimaneva comunque forte,
soprattutto nel settore agricolo.
I cambiamenti economici proseguirono. La linea moderata di Černomyrdin favorì la
grande industria; nel 1995-1996 un’ulteriore privatizzazione permise alle ditte più
prospere di acquistare azioni a buon mercato e formare conglomerate. Fece la sua
comparsa un gruppo di ricchissimi «oligarchi», alcuni dei quali migliorarono
ulteriormente la loro posizione appoggiando nel 1996 la campagna presidenziale di El’cin.
Criminalità e violenza rimasero all’ordine del giorno: le conglomerate avevano i loro
eserciti privati, mentre le aziende più piccole pagavano regolarmente alle organizzazioni
mafiose un pizzo («tetto») per proteggere i loro affari. In queste condizioni gli
investimenti stranieri erano cauti e spesso rapaci, e sfruttavano la difficile situazione per
guadagnare soldi facili. L’economia dipendeva in larga misura dai prestiti del Fondo
monetario internazionale, che spesso non furono utilizzati a dovere o finirono nelle tasche
sbagliate. Per recuperare le entrate perdute nella privatizzazione delle industrie statali, il
governo istituì un regime fiscale pesantissimo, che inevitabilmente incoraggiò l’evasione;
la grande Gazprom, ad esempio, si rifiutò di pagare. Si cercò un’altra fonte di entrate nei
titoli di stato, con tassi di interesse abbastanza alti da attirare acquirenti in Russia e
all’estero. Il pagamento degli interessi si rivelò, però, insostenibile. Nel 1998 la Russia fu
costretta a venire meno al pagamento dei suoi debiti, provocando un’enorme crisi
industriale e bancaria, la svalutazione della moneta e la rovina di moltissimi risparmiatori.
Tuttavia, da un certo punto di vista, il crac del 1998 permise all’economia russa di trovare
una sua stabilità: dopo aver toccato il fondo, si poteva solo risalire. Nel 2001 la Banca
mondiale cancellò la Russia dall’elenco delle nazioni in crisi. Alcuni grandi problemi
strutturali, però, rimangono tuttora.