Page 268 - Storia della Russia
P. 268
La successione a El’cin e gli anni di Putin
Nel 1995 la salute di El’cin cominciò a peggiorare, aggravata dall’abuso di alcol, e nel
1996 il presidente subì un intervento cardiaco per l’applicazione di diversi by-pass.
Durante il suo secondo mandato, la questione della successione fu causa di crescente
preoccupazione: il suo regime è stato descritto come una «monarchia elettorale». Nel
marzo del 1998 lo scarso successo del primo ministro Černomyrdin portò ala sua
destituzione; i suoi successori non ebbero lunga vita. Sergej Kirjenko (1998), giovane
riformatore tecnocratico, fu sommerso dalla crisi dell’agosto del 1998. Evgenij Primakov
(1998-1999), ex capo dell’SVB, appoggiato dalla Duma, perse l’incarico per aver cercato
10
di sfidare il monopolio politico di El’cin e del suo poco rispettabile entourage. Anche
Sergej Stepašin (1999), un altro ex capo dei servizi, si dimostrò troppo indipendente per i
giochi di potere del Cremlino. In Vladimir Putin (1999) El’cin trovò, finalmente, ciò che
cercava. Ignoto funzionario del KGB prima di entrare nell’amministrazione della città di
San Pietroburgo e poi in quella presidenziale, Putin fu per un breve periodo a capo della
FSB e subito dopo divenne primo ministro. Potendo contare su un sostegno inusuale da
parte di El’cin, egli si impose subito con autorità sul governo, afferrando saldamente il
potere politico. Dopo alcune incursioni nel Dagestan e quattro grandi esplosioni nel
settembre del 1999 in edifici residenziali moscoviti e di altri centri cittadini, nuove ostilità
con la Cecenia gli assicurarono l’ascesa. Sebbene per molti osservatori le prove
dimostrino la responsabilità della FSB, questi attentati furono attribuiti a terroristi ceceni.
Reagendo con decisione, Putin riaffermò l’integrità territoriale della Russia e la sua forza,
e conquistò grande popolarità. La seconda guerra cecena compete con la prima per
brutalità e indeterminatezza, ma nel 2001, dopo l’atroce attentato alle Torri gemelle
dell’11 settembre, dichiarando il suo sostegno alla «guerra al terrorismo» americana, Putin
è riuscito a dirigere altrove le critiche esterne. Nelle relazioni internazionali, la sua
misurata difesa degli interessi russi è stata considerata come una restaurazione della
dignità nazionale. Nel dicembre del 1999 il suo nuovo partito, Russia Unita, ottenne un
grande successo nelle elezioni parlamentari. Il 31 dicembre El’cin, con una mossa astuta e
inaspettata, diede le dimissioni; Putin, in qualità di primo ministro, gli successe come
presidente ad interim: una transizione incruenta e nel pieno rispetto della Costituzione, ma
essenzialmente legata a una concezione patrimoniale della politica, che svuotava di senso
la partecipazione popolare e parlamentare. Una delle prime azioni di Putin fu di garantire a
tutti i presidenti, compresi El’cin e la sua famiglia, l’immunità nel caso di indagini e
processi. Nelle elezioni presidenziali del marzo 2000, trovandosi in posizione
assolutamente avvantaggiata, Putin vinse facilmente al primo turno.
I profondi cambiamenti avvenuti dal 1991 in Russia, in ogni campo – economico,
sociale, culturale e politico –, rendono evidente l’impossibilità di un ritorno al passato
sovietico. Il governo russo professa la sua fedeltà alla democrazia e all’economia di
mercato nell’accezione euroamericana, e le basi per una moderna società pluralista e
aperta sono state poste. Tuttavia, il principio radicato della gosudarstvennost’, vale a dire
di un forte potere statale, con le sue abitudini clientelari e paternalistiche, è ancora molto
popolare, e il Parlamento non è riuscito a rappresentare un reale contrappeso all’esecutivo.
Il governo del presidente Putin ha mostrato chiaramente la sua intolleranza nei confronti di
altre basi politiche di potere e la sua ferma intenzione di controllare l’importante
strumento della televisione. Il ritorno a una piena e assoluta legalità è ancora lungi