Page 248 - Storia della Russia
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lo scultore Ernst Neizvestnyj, il pittore Oskar Rabin e il grande violoncellista Mstislav
Rostropovič.
Questi movimenti, quasi tutti di piccole dimensioni e circoscritti alla classe cittadina più
istruita, benché capaci di creare reti di solidarietà e stabilire contatti con chi ne
condivideva le idee, non riuscirono a ottenere un’ampia risonanza popolare. L’ostinata
nobiltà dei loro scopi e metodi, però, destò grande interesse e ammirazione in Occidente,
dove la loro causa trovò sostegno e i loro scritti furono ritrasmessi in Urss attraverso la
radio; il timore di una potenziale reazione occidentale e delle sue conseguenze materiali
impedì alle autorità sovietiche di mettere in atto una repressione totale. Il regime si liberò
di un buon numero di dissidenti esiliandoli a forza nei paesi occidentali: Solženicyn
dovette rifiutare il premio Nobel per la letteratura nel 1970 e fu espulso dall’Unione
Sovietica nel 1974.
In diverse repubbliche e all’interno di varie confessioni emerse anche un dissenso di
carattere nazionalistico e religioso, che coinvolse un numero sempre maggiore di cittadini
di differenti strati sociali. In Lituania, a maggioranza cattolica, religione e nazionalismo si
unirono per dare vita a un movimento di grande peso e influenza. I battisti perseguivano la
libertà di culto, gli ucraini lottavano per una maggiore autonomia, i tatari della Crimea e i
georgiani della Meschetia, deportati da Stalin, protestavano perché volevano ritornare in
patria. Gli ebrei refuzniki e i tedeschi sovietici rivendicarono il diritto di emigrare
rispettivamente in Israele e in Germania, e alla fine lo ottennero. Alcune forme di
dissenso, meno aperte ed evidenti, erano tollerate all’interno del sistema. Alcuni scrittori
russi propugnarono il ritorno ai valori nazionali precedenti al comunismo: in particolare, i
rappresentanti della notevole scuola della «prosa contadina», come Vladimir Solouchin e
Valentin Rasputin, che nei loro scritti celebrarono l’elegia delle semplici virtù, la
vicinanza alla natura e la spiritualità della vita contadina. La posizione ideologica di questi
scrittori sfidò sempre più apertamente l’ortodossia marxista-leninista; in seguito si
schierarono con l’«ala destra» nazionalista della Perestrojka e della politica postsovietica.
Anche l’economia del sommerso, nella sua ampiezza e diffusione, può essere
interpretata come una forma di dissidenza: le sue imprese illegali e spesso mafiose, che
beneficiavano dei difetti dell’economia ufficiale, evitavano naturalmente lo scontro diretto
con l’establishment, ma rappresentavano comunque una sfida ideologica e materiale al
sistema. Il destino finale del regime comunista ha mostrato la vacuità ideologica cui era
giunto lo stato sovietico stesso. Nel 1991 pochi credevano ancora nel marxismo-
leninismo. I membri della nomenklatura adottarono con disinvoltura altre ideologie,
liberali o nazionalistiche, e si prodigarono per ingraziarsi la riemergente Chiesa ortodossa,
riuscendo spesso ad assicurarsi anche una buona fetta delle risorse materiali della vecchia
Unione. Quando il partito comunista tornò a essere legale, riemerse come un’importante
forza politica, rappresentando più uno strumento di protesta che un’avanguardia
ideologica; il suo consenso politico è andato via via scemando nel periodo postsovietico.
Finché il regime sovietico rimase stabile, i movimenti del dissenso non ebbero un
grande peso per lo sviluppo e per il cambiamento del sistema. Le forze di polizia, se solo
lo volevano, erano sempre in grado di contenerli e reprimerli: sotto Andropov il KGB mise
a tacere gran parte del dissenso intellettuale attivo. Il regime non fu minato dalle proteste e
neppure dalle proprie violazioni evidenti dei diritti umani, ma dall’erosione di una