Page 136 - Storia della Russia
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L’intellighenzia

        Sotto Nicola I il contrasto tra i sostenitori del regime autocratico e gli intellettuali critici
        raggiunse  il  culmine.  Gli  attivisti  della  generazione  postdecabrista  vennero  repressi
        (Herzen, prima di emigrare, fu esiliato all’interno del paese) o fuggirono all’estero (come
        Michail  Bakunin,  assorbito  dall’anarchismo  europeo).  La  Russia  fu  colpita  solo
        marginalmente dalla rivoluzione: la rivolta decabrista del 1825 e l’insurrezione polacca
        del 1830 furono traumatiche per il governo, ma vennero sedate facilmente, e il paese non

        fu toccato dai moti del 1848. I soli «rivoluzionari» scoperti appartenevano al circolo del
        funzionario fourierista M. Butaševič-Petraševskij: l’arresto e il processo del suo gruppo, di
        cui faceva parte anche Dostoevskij, si rivelò una tempesta in un bicchiere d’acqua. Intanto
        stava emergendo una nuova tipologia sociale e culturale, che negli anni Sessanta avrebbe
        preso il nome di «intellighenzia». I suoi rappresentanti erano uomini (e più tardi anche
        donne)  di  cultura,  capaci  di  pensiero  sistematico,  con  una  particolare  visione  del  bene
        sociale,  moralmente  motivati  ad  agire  secondo  i  propri  principi  e  pronti  a  pagarne  le
        conseguenze. I membri pensanti dell’élite aristocratica cercavano di giustificare il proprio
        ruolo sociale e di incarnare i valori morali proposti dai loro tutori e dalle opere filosofiche
        che avevano studiato. E chi non riusciva più a trovare una ragione nel servizio dello stato
        pensava sempre più spesso di dover servire il popolo, il narod, la massa della popolazione.

           Il  termine  «intellighenzia»,  in  genere,  viene  usato  parlando  di  società  autoritarie:  in
        contesti  democratici  gli  intellettuali  solo  di  rado  vengono  perseguitati  per  le  loro  idee,
        mentre in una civiltà pluralista, di solito, trovano il modo di sfruttare le loro conoscenze e
        competenze in maniera utile e spesso redditizia. In Russia, dove i governi del XIX secolo
        e quelli successivi si arrogavano il monopolio della verità politica, l’espressione attiva di

        teorie e opinioni alternative venne contrastata e repressa. All’epoca di Nicola l’accesso
        all’istruzione, ormai aperta ad ampi strati della società, permetteva anche ai non nobili di
        diventare scrittori, giornalisti o insegnanti, e questo tipo di mentalità divenne più diffusa.
        In simili condizioni, ovviamente, l’intellighenzia si considera, e viene considerata, la voce
        della  coscienza  nazionale;  laddove  manca  la  libertà  di  espressione,  arte  e  letteratura
        possono  diventare  veicoli  di  valori  eterodossi.  In  Russia  l’intellighenzia,  che  non
        condivise  mai  un’unica  visione,  rappresentò  una  vera  e  propria  forza  politica  soltanto
        quando ricorse alla violenza o collaborò con gruppi sociali più grandi. Impotente dal punto
        di vista politico, e quindi libera dalla tentazione di compromettere i suoi principi, nonché
        pronta  a  sacrificarsi  per  le  proprie  idee,  l’intellighenzia  contava  su  una  grande  autorità
        morale, anche grazie alla dignità, alla lucidità e alla costanza dei suoi rappresentanti. La
        prima generazione della sinistra radicale dell’intellighenzia, vale a dire Herzen e i suoi
        amici,  gli  «uomini  degli  anni  Quaranta»,  era  composta  per  lo  più  da  nobili.  Tra  gli
        «uomini degli anni Sessanta», invece, cominciarono a emergere anche personaggi di altre
        classi sociali. Herzen, dall’estero, e Černyševskij, in patria, osservarono il governo dello
        zar  preparare  l’emancipazione  dalla  servitù  della  gleba.  Dopo  il  1860  si  dedicarono

        entrambi all’attività rivoluzionaria clandestina.
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