Page 132 - Storia della Russia
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Illuminismo, Romanticismo e rivoluzione

        L’Illuminismo in Russia

        Pietro  il  Grande  aveva  obbligato  élite  e  funzionari  a  adottare  modelli  culturali  e
        comportamentali stranieri, aprendo così la strada ai valori, e spesso anche alle mode, di
        origine europea. I russi, che facevano ormai parte della comunità culturale d’Europa come
        fruitori di cultura filosofica e materiale, cominciarono a interessarsi ai grandi temi della

        loro epoca. Dagli anni Trenta del Settecento anche in Russia, come nel resto d’Europa,
        Voltaire cominciò a godere di una sempre maggiore popolarità, prestando il proprio nome
        a  uno  scetticismo  mondano,  soprattutto  verso  i  valori  religiosi,  che  divenne  noto  come
        volterjanstvo («volterianesimo»); dall’epoca delle riforme di Pietro le relazioni tra stato e
        Chiesa non rappresentavano più un problema attuale in Russia. L’universale ammirazione
        europea per Versailles fece nascere la stessa gallomania e la conseguente gallofobia che
        ormai imperversavano in tutta Europa: Fonvizin attaccò la prima tendenza nel Brigadiere
        e nelle Lettere dalla Francia (1777). Con lo scoppio della Rivoluzione francese, l’amore
        per la Francia lasciò il posto a un’anglomania che si esprimeva più nell’ammirazione per i
        giardini all’inglese, l’agronomia e la cultura materiale inglese (birra, carrozze e stallieri),
        che per la sua politica e filosofia.

           Giunta in Russia intorno al 1740, la massoneria ebbe qui, come nel resto d’Europa, una
        rapida  diffusione,  specialmente  sotto  Caterina  II;  essa  rispondeva  alle  esigenze  più
        disparate,  dalle  semplici  occasioni  di  socialità,  all’interpretazione  dei  misteri
        dell’esistenza.  L’imperatrice,  tuttavia,  cominciò  a  guardare  con  sempre  maggiore

        scetticismo  e  sospetto  questa  organizzazione  segreta.  Alla  fine  i  membri  più  attivi,
        l’editore  Nikolaj  Novikov  e  il  suo  circolo  rosacrociano,  furono  travolti  dalla  polemica
        europea  sugli  scopi  della  massoneria  e  dai  dubbi  delle  autorità  russe  sulla  lealtà  e
        l’ortodossia  religiosa  degli  affiliati.  Nel  1792,  con  l’intensificarsi  della  Rivoluzione
        francese, il circolo fu chiuso, Novikov arrestato e imprigionato e la massoneria proibita.
        All’inizio del regno di Alessandro fu permessa di nuovo, per poi essere ancora bandita nel
        1822.

           Negli anni Settanta del Settecento sulle sue riviste settimanali «moraleggianti» (1769-
        1774) Novikov aveva satireggiato le manie del suo pubblico aristocratico «emancipatosi»
        di recente: la critica del vizio proponeva in sostanza un modello normativo delle qualità
        del gentiluomo in società, secondo l’esempio del gentleman inglese o dell’honnête homme
        francese.  La  frequente  condanna  del  maltrattamento  dei  contadini  non  rappresentava
        (come si è spesso sostenuto) una critica alla servitù in quanto tale, ma ribadiva solamente
        la norma sociale che gli uomini buoni e i veri gentiluomini non opprimono i loro servitori.
        È questa la linea di pensiero che portò all’elaborazione del concetto morale di vera nobiltà
        espresso  nella  poesia  di  Deržavin  e  all’umanitarismo  sentimentale  di  Karamzin  e

        Radiščev,  che  da  presupposti  politici  opposti  giunsero  alla  stessa  visione  delle  masse
        contadine.

           Alcuni  membri  particolarmente  colti  dell’élite  si  interessavano  al  pensiero  teorico
        dell’Illuminismo, sebbene fossero pochi e in questa fase la Russia avesse la tendenza a
        consumare più che a produrre idee proprie; essa si apriva inoltre alle idee eterodosse che
        circolavano all’epoca in Europa. Negli anni Novanta del Settecento la corte non costituiva
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