Page 135 - Storia della Russia
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Che cos’è la Russia?
La generazione liberale postdecabrista concentrò le sue attività intellettuali nei salotti e nei
circoli privati, in particolare in quelli studenteschi nati intorno agli anni Trenta
dell’Ottocento nell’ambiente universitario di Mosca. Influenzati dalla filosofia romantica
idealista tedesca, allora di moda (soprattutto Fichte e Hegel), cercarono di interpretare il
presente del paese alla luce del suo passato per comprenderne il potenziale e l’auspicabile
futuro. La questione fu sollevata da Pëtr Čaadaev nella sua provocatoria Prima lettera
filosofica (1836), per cui fu dichiarato pazzo dalle autorità. In alternativa alla dottrina della
«nazionalità ufficiale» emersero due diverse linee di pensiero, accomunate
dall’opposizione alla servitù della gleba e all’autocrazia di Nicola. Gli «slavofili»
propugnavano l’unicità della civiltà russa, fondata sul Cristianesimo ortodosso e sulla sua
connaturata sobornost’, l’unione fraterna di tutti i credenti. Era loro opinione che la
secolarizzazione perseguita da Pietro il Grande attraverso l’imitazione delle norme
europee avesse portato a un autoritarismo senza via d’uscita, degradato la Chiesa e
conferito troppo potere all’autocrazia del loro tempo. L’unica forma di progresso possibile
era un ritorno al preteso equilibrio che vigeva prima delle riforme di Pietro. Gli slavofili
consideravano la comune contadina, descritta in modo così persuasivo da Haxthausen,
come un’unione tipicamente russa e ortodossa delle masse russe e ortodosse, non ancora
corrotte dalle novità europee. Gli «occidentalisti», alleati e oppositori degli slavofili, erano
invece convinti che l’opera di Pietro fosse stata giusta ma troppo debole: non avendo
adottato la legge e le istituzioni europee nel loro complesso, aveva permesso
indirettamente il distorto dispotismo di Nicola. Le norme europee dovevano penetrare più
a fondo nel cuore della società. I più importanti slavofili erano ricchi proprietari terrieri
moscoviti, di formazione europea, che sfogavano la propria impotenza politica criticando
lo status quo. Gli occidentalisti simpatizzavano per le idee socialiste (Proudhon e Fourier),
elaborate e realizzabili solo all’esterno della Russia. Il loro rappresentante principale e
straordinariamente attivo, il ricco Aleksandr Gercen (Herzen), riuscì a emigrare in Europa
nel 1847, in tempo per assistere ai moti dell’anno successivo. Herzen si stabilì a Londra
dove fondò la Libera tipografia russa e si dedicò alla propaganda contro il regime
autocratico. Fu profondamente deluso dal fallimento delle rivoluzioni del ’48 e dalla
cultura borghese «filistea» che trovò in Francia, in Svizzera e in Gran Bretagna; qui
l’incontro con Marx sfociò in un dissidio e nella reciproca antipatia. Herzen giunse, infine,
a una visione della classe contadina russa non lontana da quella degli slavofili: la Russia
sarebbe stata salvata dal socialismo spontaneo delle comuni rurali. Come sostenne con
ironia il suo amico Turgenev, andati in pezzi tutti i suoi idoli egli si inginocchiò di fronte
alla giacca di montone dei contadini. Era nato il socialismo agrario russo.