Page 141 - Storia della Russia
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Reazioni e consolidamento, 1861-1905
Tra coloro che furono coinvolti nell’emancipazione, pochi poterono dirsi soddisfatti delle
sue modalità. Qualche contadino si beò della nuova volja, ma i più considerarono la
sistemazione della terra una violazione della loro economia morale e dell’idea che
avevano della paterna giustizia dello zar. Scoppiò un’ondata di disordini, in cui i padroni
furono accusati di aver nascosto la «vera libertà». Il governo, preparato a ogni evenienza,
rispose inviando l’esercito: la ribellione fu subito repressa nel sangue. I proprietari terrieri,
salvo qualche rara eccezione, cercarono di mettere in salvo tutto ciò che poterono dai
propri contadini. Liberali e conservatori lodarono Alessandro come lo «zar liberatore»,
mentre i radicali si dichiararono indignati che si fossero ripagati oltre due secoli di
schiavitù con ciò che consideravano una mezza libertà, una ridistribuzione delle terre
punitiva e 49 anni di paralizzante indebitamento. Ma per lo zar e il suo governo questo
rappresentava il miglior compromesso possibile: gli interessi dei contadini venivano per
forza di cose dopo quelli della nazione, dello stato e dell’aristocrazia. L’intero progetto di
ingegneria sociale che coinvolgeva direttamente quasi il 90% della popolazione fu portato
avanti all’interno del sistema economico vigente e, tutto sommato, senza provocare grandi
rivolte né a livello sociale né politico. In America, invece, la contemporanea liberazione
degli schiavi (il 10% della popolazione) fu raggiunta soltanto al prezzo di una guerra
civile. Si considerava auspicabile l’indennizzo dei proprietari terrieri per motivi di stabilità
sociale e per un principio di equità. Dopo l’abolizione in Gran Bretagna, anche gli inglesi
avevano indennizzato generosamente i loro proprietari di schiavi, ma non gli schiavi
stessi.
A conti fatti, le «grandi riforme» permisero alla monarchia di vivere cinquant’anni in
più, ma il suo perdurante dominio sostenne la gerarchia sociale esistente, impedendo
ulteriori innovazioni, e il rifiuto di proseguire sulla strada del cambiamento contribuì in
maniera determinante allo scoppio della rivoluzione. L’intransigenza politica di Nicola II
(1894-1917) fu uno degli elementi cruciali dell’epoca rivoluzionaria che va dal 1905 al
1917.
Già nel corso del processo riformatore l’atteggiamento del governo cominciò a mutare.
Alessandro, deluso per il modo in cui avevano reagito alle sue riforme contadini e liberali,
fu ulteriormente colpito dall’ingratitudine dei polacchi che nel 1863 risposero ai
cambiamenti nelle loro province con l’ennesima insurrezione: per i servi della gleba
polacchi (molti di etnia bielorussa o ucraina) i termini dell’emancipazione del 1864 furono
particolarmente favorevoli. Ma a indignare del tutto lo zar furono piccoli gruppi di radicali
russi, che reagirono organizzando cellule clandestine rivoluzionarie: nel 1866 un
cospiratore, lo studente Dmitrij Karakozov, cercò di assassinare lo zar. In seguito a ciò il
processo di riforma continuò, ma la glasnost’ lasciò il posto a un intervento più pesante
del governo. La sostituzione di molti ministri riformatori con altri di stampo conservatore
complicò la messa in atto delle riforme e il varo di nuovi provvedimenti. Per propagandare
la figura dello zar come incarnazione dell’identità nazionale, in Polonia e Ucraina, in
Finlandia e nelle province baltiche, furono rinnovate le politiche di russificazione delle
minoranze etniche dell’impero, iniziate con Nicola I, e fu affermato il controllo russo nei
territori orientali e meridionali da poco pacificati o acquisiti. Alla fine del suo regno, di
nuovo sotto la spinta dei liberali e dei rivoluzionari dell’organizzazione Volontà del