Page 142 - Storia della Russia
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popolo (Narodnaja volja), tra gli strascichi della crisi balcanica degli anni Settanta,
Alessandro preparò una Costituzione limitata, rinsaldando al contempo i poteri delle forze
dell’ordine: la Terza sezione fu sostituita da una polizia segreta che divenne nota come
Ochrana. Lo zar fu assassinato dalla bomba di un terrorista alla vigilia della firma della
Costituzione. Alessandro III (1881-1894), suo figlio ed erede, sotto la guida del tutore
ultraconservatore Konstantin Pobedonoscev, più tardi procuratore supremo del Santo
Sinodo, la rifiutò, stroncando così sul nascere una nuova potenziale stagione di riforme.
All’assassinio seguì un irrigidimento della censura e l’istituzione di poteri statali
d’emergenza che rimasero in vigore fino al 1917. Negli ultimi decenni dell’impero, dal
1881 al 1917, paradossalmente proprio mentre si allargava l’autonomia sociale, in Russia
vigevano leggi eccezionali di polizia.
Nonostante le misure palliative, adottate negli anni Ottanta dal nuovo ministro delle
Finanze Nikolaj Bunge, rivolte a migliorare le condizioni dei contadini, e l’inizio di una
legislazione sulle fabbriche per rispondere alle lamentele degli operai, nel complesso il
governo non fece granché per sfruttare in concreto il potenziale di sviluppo sociale e di
prosperità offerto dal 1861. In particolare il regime non cercò un modo per integrare le
masse popolari nella società nazionale, ma preferì affidarsi all’arcaica visione del presunto
amore patriarcale tra i contadini e il loro «piccolo padre», lo zar, e ai pregiudizi etnici
della russificazione e dell’antisemitismo (gli ultimi decenni dell’impero furono
contrassegnati dalla moltiplicazione dei pogrom, che il governo non si preoccupò di
sedare). Negli anni Novanta il nuovo zar guidò un periodo di «controriforme»: il governo
conservatore cercò di correggere i «difetti» delle strutture formate negli anni Sessanta e di
consolidare l’ordine sociale vigente rafforzando il controllo statale sulla società. Gli
zemstva furono notevolmente ridotti e per le zone rurali venne istituito un comando locale
dai poteri quasi dittatoriali.
Alla fine del secolo, la Russia entrò in un’epoca di intensa crescita economica. I tardi
anni Novanta videro l’ampliamento delle linee ferroviarie e dell’industria a opera del
ministro delle Finanze Sergej Vitte, che nel 1897 portò il sistema monetario al cambio in
oro, attirando sempre maggiori investimenti stranieri. Sotto il «sistema Vitte» per alcuni
anni il PIL della Russia crebbe più velocemente che in ogni altro paese, compresi gli Stati
Uniti, ma nemmeno questo bastò a creare le infrastrutture di cui la nazione aveva bisogno,
soprattutto da un punto di vista geopolitico. Nonostante la straordinaria crescita, la rete
ferroviaria restò insufficiente per la vastissima Russia, una debolezza che sarebbe risultata
fatale nelle guerre a venire. Inoltre, lo sviluppo economico accelerò ulteriormente il
cambiamento sociale, provocando instabilità e privazioni. A causa dei problemi finanziari
e demografici i terreni non bastavano più: scoppiarono nuove agitazioni contadine. Il
settore industriale in crescita attirava nei grandi centri imprenditoriali di San Pietroburgo,
Mosca e Varsavia enormi quantità di contadini, impreparati alla dura vita della città e alle
sue condizioni di lavoro opprimenti. Le fabbriche, spesso straordinariamente grandi,
facilitavano l’organizzazione del lavoro e il mutuo soccorso, creando legami tra persone di
luoghi e gruppi sociali differenti. Dal 1880 in poi i lavoratori espressero il loro
malcontento in una serie di scioperi. Ma gli operai rimanevano in Russia un arcipelago
industriale nel grande oceano della classe contadina. I liberali della classe media erano
divenuti più audaci dopo i fallimenti governativi degli anni Novanta, e Nicola II se li era
alienati quando, salendo al trono nel 1894, aveva definito «un sogno insensato» la