Page 146 - Storia della Russia
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La trasformazione della campagna dopo il 1861
Le leggi sull’emancipazione del 1861 si dimostrarono uno strumento imperfetto e la
completa liberazione dei servi fu un processo lungo e difficile. In linea teorica,
l’abolizione della servitù avrebbe dovuto integrare la maggioranza dei contadini nella
società politica russa, ma il fallimento del governo, che non riuscì nemmeno a mantenere
il loro consenso nell’ordine sociale esistente, fu una delle prime cause del suo futuro
crollo. L’ambiguità dell’impero nei confronti dei suoi sudditi più umili risultò evidente
dalle modalità della loro emancipazione. La libertà personale divenne subito effettiva,
mentre gli accordi tra contadini e padroni per la terra dovevano essere negoziati e
potevano quindi protrarsi nel tempo: nel 1885, quando gli accordi divennero obbligatori, il
20% dei servi era ancora in regime di «servitù temporanea», vivendo quindi nelle
medesime condizioni economiche precedenti l’emancipazione. I «residui feudali» del
vecchio sistema servile, come li hanno chiamati gli storici marxisti, si dimostrarono molto
resistenti. Il contadino era strettamente legato alla comune assegnatagli e in pratica non
poteva né lasciare per sempre il villaggio né scegliere il proprio regime agrario.
L’incidenza e il peso del sistema di ridistribuzione delle terre sono stati considerati
tradizionalmente molto svantaggiosi per la classe contadina: studiosi di ogni indirizzo
politico affermano che, con gli assetti conseguenti all’emancipazione, i contadini
ricevettero in genere meno terra di quanta ne coltivassero in precedenza e i proprietari
ebbero la possibilità di gestire le assegnazioni a proprio vantaggio. Tuttavia le recenti
ricerche dello storico dell’economia Steven Hoch hanno dimostrato l’inconsistenza
statistica di questi luoghi comuni, sostenendo che la ridistribuzione fu in genere corretta e
imparziale. Resta comunque il dato di fatto che molti proprietari continuarono a
rivendicare il possesso delle strutture di base, costringendo i contadini a pagare per il loro
utilizzo. I contadini avevano ora il diritto di acquistare terreni e di ampliare le loro scorte,
ma il governo non concedeva nessun tipo di credito. Solo nel 1883 fu fondata la prima
banca agricola contadina, mentre tra il 1861 e il 1905 i prezzi dei terreni raddoppiarono,
per poi continuare a salire. I costi di riscatto andarono ad aumentare il già oneroso peso
dei tributi: la tassa di capitazione fu sostituita da imposte indirette soltanto negli anni
Ottanta e, sebbene nello stesso periodo alcuni arretrati fossero cancellati, le indennità
furono definitivamente abolite solo nel 1905. L’enorme e sempre più rapida crescita
demografica mise a dura prova le risorse e limitò le dimensioni dei terreni per i singoli
contadini, che si ritrovarono a emigrare verso le città e ad affrontare, agli inizi
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dell’industrializzazione, il duro mercato del lavoro, con i suoi bassi salari.
Ciononostante, negli ultimi decenni del secolo il paese raggiunse gradualmente un buon
livello di prosperità. Con la fine della servitù e grazie a politiche governative più attive e
favorevoli, a livello agricolo e industriale l’economia continuò a svilupparsi sulle
fondamenta poste nei cinquant’anni precedenti. L’agricoltura riuscì a sfamare la crescente
popolazione dell’impero. Come in passato, vi furono periodi di raccolti scarsi e di carestie
locali (la peggiore delle quali nel 1890-1892), e alcune regioni, soprattutto nel centro,
ebbero maggiori problemi rispetto ad altre, ma nel complesso la produzione andò di pari
passo con i consumi. La forte domanda nazionale ed estera stimolò la produzione di grano
per la maggior parte del periodo, anche se negli anni Settanta e Ottanta le condizioni di
vendita a livello internazionale divennero molto svantaggiose per la Russia.
Nell’economia agraria dell’epoca prerivoluzionaria i contadini rivestirono un ruolo di