Page 151 - Storia della Russia
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tentativi del governo di corrompere gli avversari con la forza, richieste di aiuto e piccole
concessioni fallirono. Alla fine il primo ministro Sergej Vitte presentò allo zar
un’alternativa senza mezze misure: instaurare una dittatura militare, con un esercito
inaffidabile, o fare delle concessioni. Nicola capitolò: il Manifesto d’ottobre redatto da
Vitte, prometteva un’Assemblea nazionale eletta, o Duma, con poteri legislativi, e un
ampio spettro di diritti civili: una Costituzione. Il Manifesto d’ottobre accontentava
l’opinione pubblica più moderata, spaccando così l’opposizione. Successivamente il
governo passò al contrattacco. La pace di Portsmouth (Usa), che aveva posto fine in
agosto alla guerra contro il Giappone, permise a Vitte di ottenere un consistente prestito
internazionale con cui rafforzò le disastrate finanze statali. A dicembre i membri del soviet
di San Pietroburgo furono arrestati: i tentativi dei lavoratori moscoviti di organizzare una
rivolta in loro difesa vennero repressi nel sangue dall’esercito, rimasto in gran parte fedele
all’imperatore.
Nei mesi successivi un nuovo primo ministro, Pëtr Stolypin, portò avanti politiche di
pacificazione e di riforma. La pacificazione ebbe successo. Contadini e operai ribelli
furono perseguiti senza pietà – nelle campagne, dopo processi sommari, le «cravatte di
Stolypin» (il cappio dell’impiccagione) fecero centinaia di vittime. Nel 1906-1907 il
terrorismo rivoluzionario provocò più di quattromila morti; la stessa residenza di Stolypin
fu distrutta da un attentato, ma il ministro si salvò. Le autorità risposero con una dura
repressione: fu applicata in tutto l’impero una legislazione speciale e la polizia intensificò
la raccolta di informazioni e il reclutamento di informatori. Dozzine di giornali vennero
sospesi, i loro editori perseguitati. Le promesse del Manifesto d’ottobre trovarono
attuazione nelle leggi fondamentali pubblicate nel maggio del 1906. Nel frattempo furono
cancellati i pagamenti per il riscatto delle terre da parte dei contadini. Stolypin diede avvio
a una grande riforma agraria (1906, vedi oltre) e cercò, alle sue condizioni, di collaborare
con la nuova Duma. La sua strategia combinò moderate riforme e un rafforzamento delle
istituzioni per ottenere l’appoggio dell’opinione pubblica maggioritaria, con tentativi di
consolidare la monarchia, anche attraverso la ripresa della russificazione. Insieme alla
riforma agraria, Stolypin intendeva allargare la rappresentatività dello zemstvo
potenziandolo a livello dei volosti, perché i contadini potessero disporre di una reale forza
decisionale nelle questioni locali, e voleva introdurre questa struttura anche nelle province
occidentali come strumento di russificazione. Entrambi i provvedimenti causarono
l’opposizione delle categorie più agiate: dal 1905 gli zemstva avevano sviluppato una
coscienza di classe conservatrice. Stolypin non riuscì a convincere nessuna delle quattro
Dume in carica tra il 1906 e il 1914 ad appoggiare pienamente le sue proposte e nel
tentativo di trovare un compromesso perse la fiducia dello zar. Probabilmente, il suo
assassinio nel 1911 precedette di poco la sua destituzione da primo ministro. I successori
di Stolypin furono meno capaci e più sottomessi a Nicola.
Per i primi anni dopo il 1905 la società russa rimase in apparente stato di calma.
Nell’industria, che non si era ancora ripresa dalla recessione e dalle spinte rivoluzionarie,
la produzione tornò a pieno regime solo negli anni che precedettero la Prima guerra
mondiale; lo stesso accadde per il movimento operaio. Nel 1912 una protesta nel bacino
aurifero della Lena, repressa nel sangue dalla polizia, diede nuovo impulso alle agitazioni
dei lavoratori. In quello stesso anno quasi 750.000 operai scioperarono, giungendo a più di
un milione e 250.000 nella prima metà del 1914. I partiti rivoluzionari, che avevano svolto