Page 306 - Storia dell'inquisizione spagnola
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sa benissimo che questa non gli dava il diritto di risposarsi.

               Si confessa, e il sacerdote lo assolve senza troppe difficoltà.
               Giustamente,  però,  gli  rimane  qualche  dubbio  sulla  validità
               di  quella  confessione,  tanto  che  nel  1531  si  denuncia  al
               Santo Uffizio che lo condanna ad un’abiura de levi e a cento
               frustate .
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                  Sembra  dunque  che,  negli  anni  intorno  al  1530,  essere
               bigamo  non  fosse  un  dramma.  Quando  si  conoscono  le

               pretese  della  Chiesa,  si  aggirano  con  grande  disinvoltura.
               D’altronde, non è che non si sia buoni cristiani, né che non ci
               si faccia degli scrupoli; ma se anche si permette che sia un
               sacerdote          a     celebrare          la     cerimonia          (come        accade
               generalmente  nell’arcivescovado  di  Toledo),  il  matrimonio
               non  è  ancora  considerato  un  affare  di  Chiesa.  La  stessa

               Inquisizione se ne fa una ragione. Nel 1537, il dottor Girón
               de  Loaysa,  rendendo  conto  di  una  visita  a  Toledo  e
               segnalando  l’alto  numero  dei  bigami,  ha  un  bel  chiedere
               misure speciali, egli stesso del resto non si dà molto da fare
               per intensificare le ricerche dei colpevoli. E poi, quando li si
               prende,  non  li  si  condanna  mai  al  massimo  previsto  della
               legge...

                  Tutto  cambia  negli  anni  1550-1560.  Ancora  nel  1559  gli
               inquisitori di Calahorra si limitano a condannare i colpevoli
               ad  un’ammenda  (talvolta  anche  elevata)  e  a  un’abiura  de
               levi.  Nel  1565,  quando,  dopo  una  lacuna  nella  nostra
               documentazione,  li  ritroviamo,  la  condanna  alle  galere  è
               prassi  normale  per  gli  uomini  fisicamente  idonei;  per  le

               donne e i riformati l’esilio . La stessa tendenza si manifesta a
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               Toledo,  dove  seguiamo  quest’evoluzione  con  maggior
               precisione. Verso il 1555-1557 compaiono le prime condanne
               alle  galere,  sette  anni  dopo  l’ordinanza  della  reggente
               Giovanna, ma solo dopo il 1561 queste condanne diventano
               sistematiche.  Infine,  nel  1565,  la  Suprema  invia  una
               circolare a tutti i tribunali per ricordare loro la necessità di

               punire  i  poligami  con  tutto  il  rigore  delle  leggi  regie.  Si
               conferma  dunque  la  severità  della  seconda  metà  del
               Cinquecento.  Se  ci  sono  più  condannati,  non  è  perché  ci
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