Page 223 - Per la difesa dello Spiritismo
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alla morte del corpo.
Concludendo: mi lusingo che il mio equanime critico non
avrà difficoltà a convenire di essersi sbagliato. Del resto, io ritengo
che le di lui osservazioni da me commentate, non debbano prendersi
alla lettera; giacchè più che altro appariscono osservazioni generiche
escogitate col proposito generoso di non urtare le suscettibilità di
alcuno, dando un po’ di ragione e un po’ di torto ad entrambe le parti
contendenti. Tutto sommato, sono invece lieto che il mio critico,
formulando le frasi generiche in discorso, abbia a me fornito
occasione di fare emergere ulteriormente la granitica saldezza
probativa dei quattro casi classici in discussione; e in conseguenza, la
grandissima loro importanza teorica, la quale assume forma di
«prova cruciale» in favore della genesi spiritica delle manifestazioni
medianiche; ciò, bene inteso, a condizione che le relazioni in cui si
contengono, vengano lette e analizzate attentamente da studiosi
immuni dai soliti preconcetti ottenebratori delle facoltà di raziocinio.
Cade opportuno ricordare in proposito che nel testo abbiamo riferito
il giudizio di un eminente fisiologo italiano ,il quale dopo aver letto e
ponderato le relazioni dei tre primi casi in discussione, concluse in
questi termini: «I casi della Katie King, di Estella Livermore e di
“Nepenthes” bastano da soli a dimostrare scientificamente la
saldezza incrollabile dell’interpretazione spiritica dei fatti: chi non lo
vede è logicamente cieco».
* * *
E con questo, avendo risposto all’obbiezione formulata dal
mio critico nell’ultimo periodo del di lui paragrafo sopra riferito,
passo a rispondere a un’altra obbiezione da lui espressa nel primo
periodo del paragrafo stesso. In esso egli osserva: «Con la scorta di
uno scarso materiale di fatti (molto scarso, se si vuol tener conto di
quanto è effettivamente provato e ben provato), il volersi avventurare
in una spiegazione assoluta, risulta ugualmente temerario da un lato
come dall’altro della barricata...». Io non nego che l’osservazione
esposta apparisca improntata a un prudente senso di saggezza
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