Page 66 - Un fisico in salotto
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possedessero le stesse proprietà dell’uranio. Pierre Curie (1859-1906) osservò in un

          minerale chiamato pechblenda una radioattività molto più intensa di quella che ci si
          sarebbe aspettati in base alla quantità di uranio in esso presente. Egli così ipotizzò
          che in quel minerale fossero contenute altre sostanze radioattive.
             Finalmente, nel 1898, Marie Curie riuscì a portare a termine le ricerche iniziate
          dal marito (Pierre), con l’individuazione della radioattività di due elementi chimici
          che addirittura non erano stati ancora scoperti e che furono chiamati polonio e radio.

          Da  allora  sono  state  individuate  molte  altre  sostanze  radioattive  e  inoltre  è  stata
          stabilita la natura delle radiazioni emesse da queste sostanze.
             Il fenomeno della radioattività si presta bene alla realizzazione di un esperimento
          attraverso il quale, come vi avevo anticipato, è possibile praticamente contare gli
          atomi a uno a uno.
             Prendiamo  un  recipiente  di  vetro,  simile  al tubo catodico  di  un  televisore,  nel
          quale è posta una piccola quantità di polonio puro.

             Osserviamo una serie di circostanze molto interessanti. Di tanto in tanto, magari
          con  l’aiuto  di  una  lente  d’ingrandimento,  osserviamo  un  lampo  sullo  schermo
          fluorescente  del  tubo.  Se  al  posto  dello  schermo  fluorescente  avessimo  posto  una
          pellicola  fotografica,  i  lampi  sarebbero  rimasti  perennemente  impressi  su  essa,  a
          formare  una  macchia  oscura;  e  avremmo  riottenuto  il  fenomeno  osservato  da
          Becquerel.

             Utilizzando  lo  schermo  fluorescente  abbiamo  invece  la  possibilità  di  renderci
          conto che l’annerimento di una pellicola fotografica è l’effetto complessivo dell’urto
          di singole particelle.
             Il  fenomeno  radioattivo  si  protrae  a  lungo  nel  tempo;  tuttavia  notiamo  che  il
          numero di particelle, emesse per esempio in un minuto, diminuisce con il passare del
          tempo, dimezzandosi ogni 138 giorni. Ovvero, se all’inizio del nostro esperimento
          contavamo per esempio 100 lampi al minuto, dopo 138 giorni ne contiamo 50; dopo

          altri 138 giorni ne contiamo 25; e così via.
             Questo  arco  di  tempo,  non  a  caso  chiamato tempo  di  dimezzamento  ,  è
          caratteristico della particolare sostanza radioattiva che utilizziamo; in questo caso il
          polonio.
             A  mano  a  mano  che  il  polonio  emette  particelle,  avviene  un  fenomeno

          straordinario. Si ha una vera e propria trasmutazione della materia, con il polonio
          stesso che si trasforma in un altro elemento chimico: il piombo. Inoltre all’interno
          del recipiente si ha una progressiva formazione di elio gassoso.
             Ciò significa che all’emissione di una particella corrisponde la trasformazione di
          un  atomo  di  polonio  in un  atomo  di  piombo  e  in un atomo di elio.  Interpretiamo
          dunque  i  lampi  osservati  sullo  schermo  fluorescente  come  segnale  dell’avvenuta
          trasformazione.
             È  quindi  chiaro  che  dopo  138  giorni  il  numero  di  particelle  complessivamente

          emesse dal polonio equivale alla metà del numero di atomi di polonio inizialmente
          presenti; altrettanto esso equivale al numero di atomi di piombo e di elio che si sono
          formati. Contando i lampi sullo schermo siamo così riusciti a contare gli atomi a uno
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