Page 65 - Un fisico in salotto
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A  grandi  linee  questa  è  l’ipotesi atomica  proposta  per  la  prima  volta,  su  basi

          scientifiche,  dall’inglese  John  Dalton  (1766-1844)  agli  inizi  del  Diciannovesimo
          secolo.
             A titolo di curiosità, ricordiamo che il nome di John Dalton è legato anche alla
          medicina:  egli  infatti  soffriva  di acromatopsia  ,  disturbo  visivo  genetico  per  il
          quale,  in  particolare,  si  ha  una  imperfetta  percezione  dei  colori.  Egli,  come
          scienziato, descrisse accuratamente la sua malattia che è conosciuta con il termine di

          daltonismo.
             Partendo dall’ipotesi atomica di Dalton, è effettivamente molto semplice spiegare
          le circostanze delle quali abbiamo parlato. Per cominciare, il fatto che le molecole
          sono uguali fra loro giustifica il fatto che tutti i composti puri sono chimicamente
          omogenei  in  ogni  loro  parte.  Soprattutto,  ciò  implica  che  in  un  tale  composto  gli
          elementi entrano in proporzioni di peso ben definite.
             Infatti, consideriamo per esempio l’acqua, e supponiamo, come poi si dimostra

          sperimentalmente, che ciascuna molecola sia costituita da due atomi di idrogeno e
          uno di ossigeno.
             Evidentemente, se un atomo di ossigeno (per motivi sui quali non indaghiamo) ha
          una  massa sedici  volte  superiore  a  quella  di  un  atomo  di  idrogeno,  ecco  che
          l’ossigeno  contribuisce otto volte più dell’idrogeno a formare il peso di una certa
          quantità di acqua, molecola per molecola.

             Infine,  il  fatto  che  gli  atomi  siano  indistruttibili  implica  che  la  massa  totale  si
          conserva in qualsiasi reazione chimica; e una tale reazione non può che consistere in
          una ridistribuzione degli atomi presenti inizialmente. Effettivamente in ogni reazione
          chimica osserviamo che gli elementi presenti inizialmente si ritrovano in identiche
          quantità  a  reazione  avvenuta,  anche  se  ovviamente  raggruppati  in  modo  diverso  a
          formare le molecole dei prodotti della reazione.
             Abbiamo dunque valide indicazioni che la materia sia fatta di atomi. Rinunciando

          a  questa  ipotesi  sarebbe  molto  difficile,  se  non  impossibile,  avere  spiegazioni
          soddisfacenti  delle  circostanze  che  abbiamo  discusso.  A  ogni  buon  conto,  quale
          migliore  prova  possiamo  avere  dell’esistenza  stessa  degli  atomi  se  non  proprio
          quella di contarli a uno a uno? Ebbene, la Natura ci offre la possibilità di eseguire
          tale operazione.

             Prima di esporre la questione facciamo un passo indietro nel tempo; esattamente al
          1896, anno nel quale, quasi per caso, il fisico francese Henri Becquerel (1852-1908)
          si accorse che i sali di uranio impressionano le lastre fotografiche anche se queste
          ultime sono nel loro involucro che le ripara dalla luce.
             Egli notò che l’intensità di tale fenomeno era proporzionale alla quantità di uranio
          presente nei sali. Per il resto, essa non mutava facendo reagire chimicamente l’uranio
          con  altre  sostanze  oppure  cambiando  condizioni  esterne  come  per  esempio  la
          temperatura. Ciò indicava che questo fenomeno, chiamato in seguito da Marie Curie

          (1867-1934) radioattività , era una proprietà intrinseca dell’atomo di uranio.
             L’annuncio della scoperta di tale fenomeno provocò grande interesse nel mondo
          scientifico e immediatamente cominciarono ricerche tese a stabilire se altre sostanze
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