Page 18 - Un fisico in salotto
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Il senso comune
Che cos’è il ‘senso comune’? Diciamo pure che ciò corrisponde a quello che ci si
aspetta da una osservazione superficiale del mondo che ci circonda. Un esempio può
essere questo: oggigiorno, come ai tempi di Aristotele (384-332 a.C.), è vero che un
carro trainato da quattro cavalli corre più velocemente di un carro trainato da due
cavalli soltanto. E non c’è dubbio che, tanto oggi quanto due o tremila anni fa,
quattro cavalli sono più forti di due... Il senso comune ci porta dunque a ritenere,
come Aristotele, che la velocità di un certo oggetto sia proporzionale alla forza a
esso applicata.
Noi che viviamo nel Terzo millennio e che nella maggior parte dei casi non
abbiamo certamente la forza intellettuale di un Aristotele, dovremmo sapere che la
velocità non è affatto proporzionale alla forza che agisce su un determinato corpo; è
l’accelerazione a essere proporzionale alla forza, secondo quello che Newton ha
stabilito, grazie alle premesse di Galileo, circa tre secoli fa.
La parola ‘accelerazione’ ricorre di fatto nel linguaggio di tutti i giorni. Diciamo
che la nostra potente auto ha un’accelerazione da far paura se è in grado di viaggiare
a 300 chilometri l’ora? No; lo diciamo se è in grado di passare da venti a cento
chilometri l’ora in soli quattro secondi.
Venti e cento chilometri l’ora sono velocità modeste anche per una 500. Quello
che ci fa essere orgogliosi della nostra automobile è la rapidità con la quale
possiamo passare da una velocità all’altra: è questa l’accelerazione. E
l’accelerazione è tanto maggiore quanto maggiore è la forza che il motore è in grado
di sviluppare.
Le forze non sono necessarie per mantenere una certa velocità: possiamo averne
una conferma seguendo di tanto in tanto, alla televisione, la missione di una sonda
spaziale che percorre l’intero sistema solare con velocità che possono essere anche
di trenta, quarantamila chilometri l’ora senza bisogno di un motore.
Sappiamo benissimo che il motore serve solo a imprimere all’astronave
un’accelerazione fino al raggiungimento della velocità di fuga dal nostro pianeta;
dopodiché il motore non serve più (del resto dovrebbe funzionare per anni, vista la
durata di alcune missioni spaziali. Di quanto propellente avrebbe bisogno?), tranne
magari per apportare di tanto in tanto piccoli aggiustamenti alla rotta dell’astronave.
Non è necessaria una forza per mantenere una certa velocità? Allora come la
mettiamo con il fatto che, con il cambio della nostra automobile in ‘folle’, anche su
una strada rettilinea in pianura, la velocità diminuisce progressivamente?
Siamo costretti a ingranare di nuovo la ‘quarta’ o la ‘quinta’ (o magari la ‘sesta’)
per utilizzare la forza prodotta dal motore e continuare il nostro viaggio.
Ebbene, ci occorre la forza del motore proprio per annullare le forze che
agiscono sulla nostra automobile! In sostanza, occorre annullare la forza di resistenza
dell’aria, le forze di attrito dei pneumatici, quelle presenti nei meccanismi di
trasmissione, eccetera. Solo così possiamo procedere tranquillamente con il
tachimetro che segna sempre la stessa velocità. Un oggetto qualsiasi procede a