Page 20 - Un fisico in salotto
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E la Teoria della Relatività?


          Una cosa che mi ha sempre impressionato è la constatazione che i grandi scienziati
          del  passato  hanno  sempre  avuto  ragione  anche  quando  hanno  avuto  torto!
          Quest’ultima  affermazione  sembra  una  contraddizione  in  termini  e  per  questo  è
          necessario qualche chiarimento.
             Da quanto abbiamo visto prima, sembrerebbe di poter concludere che Aristotele

          avesse  torto  nell’affermare  che  la  velocità  acquistata  da  un  certo  corpo  è
          proporzionale alla forza a esso applicata.
             Tuttavia, in presenza di attriti, è proprio questo ciò che si verifica.
             Possiamo  discutere  la  questione  ricorrendo  a  un  esempio  che  in  qualche  modo
          completa le considerazioni che abbiamo fatto a proposito della nostra auto con il
          cambio in folle.
             Qualche volta ci sarà infatti capitato che la nostra automobile avesse la batteria

          scarica e che si sia mostrata la necessità di farla partire ‘a spinta’; magari di mattina
          presto, con l’aria gelida e sotto una pioggia a catinelle!
             Con  l’auto  in  pianura,  nonostante  la  spinta  di  due  persone  impietosite  dalle
          circostanze,  ci  siamo  accorti  che  la  velocità  impressa  alla  nostra  auto  era
          insufficiente a farla partire, ingranando poi rapidamente la ‘seconda’ o la ‘terza’. Ma
          con l’aiuto di quattro persone siamo finalmente riusciti a far raggiungere alla nostra

          automobile la velocità necessaria.
             Qual è il senso di questo discorso? Semplicemente è che, quando ci sono gli attriti
          di  mezzo,  come  quello  delle  ruote  sull’asfalto,  la  velocità  risulta  effettivamente
          proporzionale alla forza applicata.
             Dunque, Aristotele non si è sbagliato. Semplicemente, nella sua analisi egli non ha
          tenuto conto della presenza degli attriti.
             Solo grazie al metodo sperimentale è stato possibile raffinare l’osservazione dei

          fenomeni  e  anche  superare  i  pregiudizi  che,  millenni  fa,  non  potevano  mancare
          all’analisi di una mente, ancorché eccelsa, come quella di Aristotele.  I tempi non
          erano maturi e non erano ancora nati Galileo e Newton!


          Proprio Galileo ha gettato le basi per lo studio della meccanica , cioè di quella parte
          della fisica che studia il movimento dei corpi.
             Forse viene subito in mente una famosa legge di Galileo: quella secondo la quale
          le piccole oscillazioni di un pendolo sono isocrone.

             Se spostiamo un po’ un pendolo dalla posizione di equilibrio, verticale, questo si
          mette a oscillare; lo sappiamo tutti. E il pendolo impiega un certo tempo per fare
          un’oscillazione completa: andata e ritorno. Ebbene, facciamolo oscillare a partire da
          un’altra  posizione  leggermente  diversa  dalla  precedente:  il  pendolo  impiega lo
          stesso  tempo  a  compiere  un’oscillazione  completa,  anche  se  l’ampiezza  delle
          oscillazioni è diversa dalla precedente. È questo ciò che si intende per isocronismo
          delle oscillazioni.
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