Page 31 - 40 Novelle
P. 31
40 Novelle Hans Christian Andersen
strane voglie. Se tu facessi l'ovo o le fusa, vedresti che ti passerebbero.»
«Ah, ma nuotare, che delizia!» replicava l'anitroccolo: «Che delizia rinfrescarsi il capo
sott'acqua, e saltar giù dalla riva per tuffarsi!»
«Sì, dev'essere proprio una bella gioia!» — disse la gallina ironicamente: «Diventi matto,
ora? Domanda un po' al gatto, ch'è il più savio tra quanti io mi conosca, se gli parrebbe un piacere
saltare nell'acqua e nuotare! Di me, non parlo... Domandalo, se vuoi, anche a Sua Eccellenza, la
nostra vecchia padrona. Più savio di lei, non c'è alcuno al mondo. Ti pare che le possa venir voglia
di nuotare, o di sentirsi richiudere l'acqua al di sopra del capo?»
«Voi altri non mi capite!» — disse l'anatroccolo.
«Se non ti si capisce noi, chi dunque t'ha a capire? Non vorrai già essere più sapiente del
gatto e della padrona. Di me, ti dico, nemmeno voglio parlare. Non farmi lo schizzinoso, bambino;
non ti mettere grilli per il capo. Ringrazia il tuo Creatore per tutto il bene che ti ha concesso. Non
sei capitato in una stanza ben riparata, e in una compagnia, dalla quale non hai se non da imparare?
Ma sei un cervello sventato, e non c'è sugo a ragionare con te. A me, tu puoi credere, perchè ti
voglio bene; ti dico certe verità che ti feriscono, ma da questo si conoscono i veri amici! Vedi
d'imparare a far l'ovo, a buttar fuori scintille e a far le fusa!»
«Credo che me n'andrò a girare il mondo,» — disse l'anitroccolo.
«Buon pro ti faccia!» disse di rimando la gallina.
E l'anitroccolo se ne andò. Si tuffò nell'acqua, nuotò; ma per la sua bruttezza tutte le bestie
lo scansavano.
Venne l'autunno: nel bosco le foglie diventarono gialle e brune: la bufera le portava via, le
faceva turbinare, e su, nell'aria, il freddo diveniva sempre più intenso. Le nubi pendevano gravi di
gragnuola e di fiocchi di neve, e sulla siepe c'era un corvo che faceva cra-cra dal freddo. Davvero
che c'era da gelare solo a pensarci! E per il povero anitroccolo furono tempi molto duri.
Una sera — il sole tramontava appunto in tutto il suo meraviglioso splendore — sbucò fuori
da' cespugli uno sciame di grandi e magnifici uccelli, così belli come il nostro anitroccolo non ne
aveva ancora mai veduti; di una bianchezza abbagliante, con certi colli lunghi e flessuosi. Erano
cigni. Mandarono un loro verso speciale, allargarono le grandi splendide ali, e volarono via da tutto
quel gelo, verso paesi più caldi, verso mari aperti. Volarono così alto, che il brutto anatrino provò
dentro un senso strano, mentre li guardava salire. Si mise a girare e a girare nell'acqua come una
ruota; allungò il collo verso gli uccelli, e mandò un grido così forte e così curioso, ch'egli stesso
n'ebbe paura. Non poteva cavarsi dal cuore quei magnifici, quei beati uccelli: appena li ebbe perduti
di vista, si tuffò giù giù sino al fondo, e tornò a galla, ch'era quasi fuor di sè. Non sapeva come
quegli uccelli fossero chiamati, nè dove dirigessero il volo; ma voleva loro un bene, un bene che
non aveva ancora voluto a nessuno al mondo. Non provava invidia: come gli sarebbe nemmeno
passato per il capo di desiderare per sè una simile bellezza? Abbastanza sarebbe stata felice, la
povera brutta bestiola, se le anitre avessero voluto tollerarla!
E l'inverno si fece così freddo, così freddo!... L'anitroccolo doveva nuotare e nuotare senza
posa per isfuggire al gelo. Ma ogni notte il buco dove nuotava si faceva più piccino, sempre più
piccino. Era così freddo, che la superficie del ghiaccio scricchiolava. L'anitroccolo doveva agitare
continuamente le gambe, per impedire che il buco finisse di chiudersi. Finalmente, si sentì esausto,
si abbandonò lì, senza muoversi più, e così rimase, quasi gelato, sul ghiaccio.
La mattina dopo, per tempo, venne un contadino, e lo vide; s'accostò, spezzò il ghiaccio con
uno de' suoi zoccoli di legno, e portò l'anitroccolo a casa, a sua moglie; e lì l'anitroccolo rinvenne.
I ragazzi si provarono a giocare con lui. Ma egli credendo che volessero fargli male, dalla
gran paura volò nella secchia del latte, così che tutto il latte schizzò per la stanza. La donna,
disperata, battè le mani, e l'anitroccolo, più spaurito ancora, via, sul vaso dov'essa teneva in serbo il
burro; e di lì, dentro la madia, in mezzo alla farina, e poi fuori di nuovo, e su, in alto, per la camera.
Immaginatevi com'era conciato! La donna gridava e gli correva dietro con le molle, i ragazzi
saltavano per la casa, ridendo e strepitando e facendo un chiasso indiavolato. Per buona sorte, la
porta era aperta; e l'anitroccolo potè mettersi in salvo, scappando a traverso ai cespugli, sulla neve
caduta di fresco; e là rimase, così spossato, che pareva fosse per morire.
29