Page 58 - Quel che una pianta sa
P. 58

QUEL CHE UNA PIANTA PROVA


              anche neuroni recettori specifici per i differenti tipi di dolore.
              I recettori del dolore (chiamati nocicettori), per poter inviare
              potenziali di azione al cervello richiedono, però, uno stimolo
              più forte. Advil, Tylenol e altri antidolorifici funzionano perché
              attutiscono specificamente il segnale proveniente dai nocicet­
              tori, ma non quello proveniente dai meccanocettori.
                Perciò, il tatto umano è una combinazione di azioni che av­
              vengono in due distinte parti del corpo -  le cellule che avver­
              tono la pressione e la trasformano in un segnale elettrochimi­
              co, e il cervello che elabora questo segnale elettrochimico in
              sensazioni specifiche e dà origine a una risposta. Ma cosa suc­
              cede nelle piante? Presentano anche loro dei meccanocettori?


              La trappola di Venere

                 La Venere acchiappamosche (altrimenti nota come Dionaea
              muscipula)* che cresce nelle paludi della Carolina del Nord e
              di quella del Sud, dove il suolo è carente di azoto e di fosforo,
              è l’esempio quintessenziale di una pianta che reagisce al tatto.
              Per sopravvivere in un ambiente così povero dal punto di vista
              nutrizionale, la Dionaea ha sviluppata la straordinaria capacità
              di procurarsi il nutrimento non soltanto dalla luce, ma anche
              dagli insetti, nonché da altri piccoli animali. Infatti, pur eserci­
              tando la fotosintesi come tutte le altre piante verdi, la Dionaea
              pratica anche una sorta di secondo lavoro -  diciamo quasi un
              lavoro in nero -  come carnivora, integrando la sua dieta con
              proteine animali.
                 Le foglie della Venere acchiappamosche sono inconfondi­
              bili: terminano con due grandi lobi uniti da una nervatura cen­
              trale, e le estremità dei due lobi presentano lunghe protube­
              ranze, dette ciglia, che rassomigliano ai denti di un pettine.
              Questi due lobi, collegati alla nervatura centrale da una sorta
              di cardine, sono normalmente aperti a formare una struttura


              *   Il termine  “Venere”  del nome della pianta ha ben poco a  che vedere
              con la scienza e molto a che fare piuttosto con l’immaginazione lasciva dei
              botanici inglesi del diciannovesimo secolo. Vedi www.sarracenia.com/faq/
              faq2880.html.

                                           65
   53   54   55   56   57   58   59   60   61   62   63