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La commissione blocca i conti correnti

          La risposta di Amato è sconcertante. Implicitamente dichiara che il giro di denaro su
          questi casi è fuori controllo. La reazione della commissione è durissima. Il 3 agosto,
          Zahra, dopo aver ottenuto l’assenso direttamente dal papa, prende una decisione senza

          precedenti. Chiede a Versaldi di bloccare tutti i conti correnti riferiti ai postulatori e
          alle cause presso l’Apsa e lo Ior.

            È evidente che quella dei postulatori non è un’attività autonoma bensì «delegata» da una superiore autorità, a essa ci
            si deve riferire e a essa si deve tenere conto. Poiché una volta «trasmessa la causa alla Santa sede il compito di
            vigilanza  spetta  alla  sacra  congregazione»,  e  dal  momento  che  tale  compito  di  vigilanza  è  equiparato  a  quello  del
            vescovo nella fase diocesana della causa, si ritiene opportuno valutare di concerto con questa Prefettura l’assunzione
            di eventuali provvedimenti cautelari, onde porre in grado la congregazione competente di fare quanto necessario per
            svolgere  il  compito  affidatole.  Si  domanda  pertanto  quanto  di  seguito:  disporre,  con  effetto  immediato,  il  blocco
            temporaneo dei conti dei postulatori e delle singole cause, in qualunque modo intestati, correnti presso lo Ior o l’Apsa.

          Zahra rivela anche qual è stata la spia che ha fatto scattare l’allarme. Riguarda i poveri.
          Le norme vaticane infatti prevedono che


            per  ogni  causa  che  viene  portata  alla  Sacra  congregazione,  gli Attori  (i  postulatori, nda)  versino  un  contributo  al
            Fondo per le cause povere (un fondo appositamente creato per le cause di beatificazione che arrivano da diocesi più
            povere, nda). Dopo la beatificazione di un servo di Dio, saldate le spese strettamente necessarie per la causa, il 20
            per cento di quanto rimane delle offerte dei fedeli raccolte per la medesima (deve essere, nda) devoluto sempre al
            Fondo  per  le  cause  povere.  Dopo  la  canonizzazione,  spetta  alla  Santa  sede  disporre  del  rimanente  delle  offerte
            raccolte, di cui una parte, da stabilire volta per volta, sarà assegnata al Fondo per le cause bisognose. Esaminando i
            bilanci relativi al Fondo per le cause povere presentati dalla congregazione in questi ultimi anni non sembra che tali
            adempimenti siano stati realizzati; infatti il fondo suddetto si è incrementato in maniera molto limitata.

          Insomma,  il  Fondo  per  le  cause  povere,  indispensabile  per  permettere  che  possano
          essere  portate  avanti  anche  le  richieste  che  arrivano  dalle  diocesi  con  meno
          disponibilità,  non  s’incrementa.  Da  qui  nascono  i  sospetti  degli  uomini  della
          commissione. Zahra chiede di congelare i depositi e pretende tutta la documentazione,
          postulatore per postulatore, causa per causa. L’inchiesta si protrarrà fino al febbraio

          del  2014.  I  dati  raccolti  da  Cosea  nei  primi  mesi  sono  allarmanti.  Negli  uffici  dei
          postulatori risultano arrivare consistenti somme di denaro in contanti e su di esse non
          viene  predisposta  un’adeguata  contabilità.  Da  quanto  emerge  nei  primi  sei  mesi  di

          indagini,  rimangono  «insufficienti  i  controlli  del  denaro  liquido  per  le
          canonizzazioni».    28
            L’attenzione  è  in  particolare  puntata  su  «due  postulatori  laici  (Andrea  Ambrosi  e

          Silvia  Correale, nda)  che  gestiscono  svariati  casi  e  chiedono  alte  tariffe.  Ognuno  è
                                                                                                    29
          responsabile per 90 cause su un totale di 2500 casi per 450 postulatori».  Visto che
          ogni  postulatore  gestisce  in  media  5-6  cause,  ci  sono  due  persone  che  insieme  ne

          controllano un numero spropositato. Ben 180, una sorta di monopolio. Tre gli esempi
          più significativi che emergono dalle indagini di Cosea.

            – Dal 2008 al 2013 sono stati spesi 43mila euro per una canonizzazione che non sembra mostrare progresso e nessun
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