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La fabbrica dei santi di cui nessuno sa nulla

          La riunione è convocata per le ore 12. A essa parteciperà anche il papa. La presenza
          del pontefice si protrae per cinquanta minuti, durante i quali Francesco prende la parola
          più volte, mostrando fermezza e cercando di incoraggiare i partecipanti. Come emerge

          dal verbale della riunione che abbiamo visionato, il papa è molto chiaro:

            Abbiamo bisogno di un approccio diverso e più fresco nel nostro modo di fare le cose. La causa alla radice dei nostri
            problemi  è  un  atteggiamento  da nouveau riche  (espressione  che  indica  ostentazione  ed  emulazione  di  abitudini  e
            costumi delle classi più abbienti, nda), dove il denaro viene speso indiscriminatamente. Intanto, perdiamo di vista la
            ragione di quello che stiamo facendo – il nostro obiettivo è che il denaro va per aiutare i poveri e le persone che
            vivono  in  miseria.  I  problemi  al  momento  sono  quelli  della  cultura  e  della  mancanza  di  responsabilità.  Il  papa  ha
            fiducia  che  la  commissione  possa  presentare  queste  riforme,  ma  lo  fa  consapevole  che  bisogna  essere  prudenti
            quando  si  (affrontano  questioni  che  possono  coinvolgere, nda)  posti  di  lavoro  e  mezzi  di  sussistenza  dei  laici  che
            lavorano  in  Vaticano.  Ha  insistito  sul  fatto  che  la  commissione  dovrebbe  essere  coraggiosa  nel  fare  le  sue
            raccomandazioni  e  non  guardare  indietro.  Egli  vorrà  sempre  consultarsi  con  la  commissione  prima  di  fare
            cambiamenti, ma questa non è un’autorità collegiale. Se il papa non è d’accordo con le nostre proposte, le discuterà
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            con noi ma deciderà lui.
          Senza riforme il pontificato fallirà. Così, appena Francesco lascia la riunione, i membri

          di Cosea fissano la loro agenda dei lavori. Con sei priorità:

            1) Apsa: soprattutto la sezione straordinaria – la necessità sia per una revisione strategica e una microanalisi delle
            sue operazioni tra cui Real Estate (quelle che riguardano il settore immobiliare, nda).
            2) La gestione dei conti da postulanti che lavorano sotto la Congregazione delle cause dei santi.
            3) Le attività commerciali (supermercato, farmacia ecc.) all’interno delle mura del Vaticano.
            4) La gestione di ospedali.
            5) La valutazione delle opere d’arte.
            6) Pensioni.

          Vengono  via  via  coinvolti  i  colossi  della  consulenza  d’impresa  più  autorevoli  al
          mondo: da Kpmg a McKinsey, da Ernst & Young agli americani di Promontory. Viene
          organizzata  una  task  force  composta  da  settanta  esperti  che  provengono  da  società

          esterne e che lavoreranno per il Vaticano. Alla richiesta di documentazione, molti enti
          rispondono subito, mandano le carte e offrono ogni collaborazione possibile. Non tutti
          però.  Proprio  dalla  Congregazione  delle  cause  dei  santi  arriva  la  risposta  più
          deludente: «La congregazione – risponde serafico l’ente diretto dal cardinale Amato – è
          completamente estranea all’amministrazione dei postulatori (cioè delle persone a cui è

          affidata  la  cura  delle  pratiche  per  la  santificazione  e  la  beatificazione, nda),  quindi
          questo dicastero non è in possesso della documentazione richiesta».
            Insomma, i documenti non ci sono. I giustificativi e la contabilità su un giro di denaro

          da decine di milioni di euro non esistono, o almeno la congregazione non li possiede.
          Eppure sono somme ingenti per le quali le norme vaticane prevedono un rendiconto.
          Solo  per  aprire  una  causa  di  beatificazione  possono  servire  50mila  euro,  a  cui  poi
          andranno aggiunti i costi vivi dell’operazione per almeno altri 15mila euro. La somma
          comprende i diritti della Santa sede e i cospicui compensi che vanno agli esperti che si
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