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Primo obiettivo: che fine fanno i soldi per santi e beati

          Quattro  giorni  dopo  l’atto  formale  di  costituzione  della  commissione,  Cosea  è  già
          operativa.  Il lavoro si annuncia delicato e imponente. «Il santo padre ha identificato
          sette  elementi  chiave  da  valutare  nella  Santa  sede»,  così  riporta  il  documento

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          preliminare.  Ecco i più rilevanti. Si va dall’«eccessivo allargamento dei dipendenti»
          alla «mancanza di trasparenza nelle spese e nelle procedure», per arrivare al «controllo

          insufficiente dei fornitori e dei loro contratti». Bisognerà far luce sia sul «numero, stato
          fisico  e  affitti  degli  immobili  non  chiari»,  sia  sulle  entrate,  per  combattere
          l’«inadeguata  sorveglianza  degli  investimenti  dal  punto  di  vista  del  rischio  e  degli
          standard etici». Inoltre saranno attentamente esaminate le cosiddette «amministrazioni

          satellitari» di soldi e operazioni finanziarie poste in essere da parte di alcuni dicasteri.
            Il 22 luglio, a nome del presidente Zahra, il coordinatore di Cosea, monsignor Vallejo
          Balda  –  l’uomo  che  dovrà  tenere  i  fili  della  comunicazione  tra  i  membri  della
          commissione  e  i  vari  rappresentanti  della  curia  –  chiede  al  cardinale  Versaldi,  suo

          diretto superiore e capo della Prefettura, di farsi promotore della prima richiesta, da
          girare a tutti gli enti entro le mura leonine. Poche ore dopo Versaldi gira la richiesta ai
          vari  organismi  della  Santa  sede.  Cosea  vuole  ricevere  da  ognuno  di  loro  copiosa
          documentazione: i bilanci degli ultimi cinque anni, gli elenchi dei dipendenti, quelli dei

          collaboratori esterni con relativo curriculum vitae, tutti i compensi e, infine, i contratti
          di fornitura di beni e servizi firmati dal 1° gennaio 2013.
            Ma è il penultimo capoverso della lunga missiva inviata a Versaldi con le richieste di
          Cosea a mettere in allarme i gruppi di potere curiali. Una richiesta specifica e mirata,

          che riguarda un punto molto sensibile della Chiesa perché tocca il cuore di milioni di
          fedeli: la figura dei santi protettori, coloro che con le loro azioni hanno rappresentato
          un esempio di bontà e amore universale, e che sono oggetto di culto per tanti cattolici.
          La  commissione  vuole  subito  bilanci,  movimenti,  documenti  bancari  «delle  entità

          economiche relative ai postulatori delle cause di beatificazione e canonizzazione». Il
          primo fronte è aperto. È chiamata in causa la Congregazione delle cause dei santi. La
          struttura segue il complesso iter per far diventare santo o beato chi si è distinto per
          azioni  di  particolare  bontà  e  importanza.  Ogni  caso  è  curato  e  proposto  da  un

          postulatore,  che  avvia  la  pratica,  prepara  l’istruttoria,  la  documenta  e,  negli  anni,
          arricchisce il rapporto di tutti quegli atti e pareri che dovranno portare – si spera – a
          ottenere la beatificazione o la santificazione del prescelto. Attualmente sono pendenti
          2500 casi proposti da 450 postulatori.

            A  capo  della  congregazione  c’è  un  altro  bertoniano  di  ferro,  il  cardinale  Angelo
          Amato. Pugliese di Molfetta, classe 1938, nel 2002 prese il posto proprio di Bertone e
          diventò  vice  di  Joseph  Ratzinger  alla  Congregazione  per  la  dottrina  della  fede,  fino
          all’elezione di quest’ultimo al soglio di Pietro nell’aprile del 2005. Dal 2008 Amato si
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