Page 18 - Peccato originale
P. 18
Emanuela Orlandi, destinato probabilmente a rimanere
sconosciuto». Un movente che porta molto vicino ai sacri
palazzi.
Le indagini che spaventano la curia
La mossa curiale è una svolta. Rappresenta la risposta
tanto attesa alla strategia che la procura di Roma portava
avanti da oltre due anni. I magistrati avevano deciso
infatti di esercitare un’inesorabile e costante pressione
psicologica e investigativa sugli ambienti ecclesiali. Il
piano nasceva da due considerazioni, condivise tra
Capaldo, il sostituto procuratore Maisto e Vittorio Rizzi,
dirigente della polizia e capo degli investigatori.
Anzitutto, rileggendo gli oltre cento faldoni delle
inchieste compiute sul caso, gli inquirenti erano arrivati
alla conclusione sconcertante che la verità su Emanuela
Orlandi fosse rimasta sepolta da una soffocante ragnatela
di errori investigativi – alcuni voluti –, depistaggi,
manomissioni di atti, pressioni, testimoni che
improvvisamente «impazzivano» dopo aver fornito
elementi importanti per le indagini, ricatti e fughe di
notizie telecomandate. L’obiettivo inconfessabile sarebbe
stato, secondo gli inquirenti, quello di impedire a
chiunque di raccontare cosa era davvero accaduto quel
giorno di inizio estate del 1983. Una ragnatela fitta d’indizi
falsi ma verosimili aveva reso nei fatti impraticabile
qualsiasi nuovo accertamento. Chiunque si sarebbe perso,
come già denunciava il giudice Rando nella sentenza del
1997.
La seconda considerazione spiegava drammaticamente
la prima: questa imponente dissimulazione era forse
dovuta al ruolo di regista che la banda della Magliana
avrebbe avuto nel rapimento e forse nell’omicidio della
21