Page 17 - Peccato originale
P. 17

dialogo sul caso Orlandi, una delle storie più imbarazzanti
                nel  passato  recente  del  piccolo  Stato,  seconda  solo  alla

                morte  di  papa  Luciani.  È  un  segno  di  apertura
                inequivocabile  dopo  circa  trent’anni  d’impenetrabile

                omertà, passati a inseguire ipotesi tanto suggestive quanto
                improbabili.
                    Il  Vaticano  ha  sempre  assunto  posizioni  sibilline.  Ha

                iniziato  Karol  Wojtyła,  sei  mesi  dopo  la  scomparsa  di
                Emanuela. A Natale del 1983, infatti, Giovanni Paolo II si

                recò in visita a casa della famiglia Orlandi per consolare i
                genitori della giovane. In quell’occasione si lasciò sfuggire
                una  frase  inquietante:  «Esiste  il  terrorismo  nazionale  e

                quello  internazionale»  disse.  «Quello  di  Emanuela  è  un
                caso di terrorismo internazionale.» Parole come esplosivo,

                che  fecero  detonare  ogni  genere  di  trame  e  tesi
                complottiste  –  tra  servizi  segreti  di  mezzo  mondo,

                polacchi, turchi e, nell’ombra, il Kgb come grande regista
                dell’operazione  –  trasformando  così  la  tragedia  in  farsa.

                Un variegato e squallido circo di mitomani, millantatori,
                saltimbanchi,              depistatori           professionisti,            anonimi
                telefonisti  cavalcarono  l’angoscia  pubblica  cercando  di

                pilotare  le  indagini.  Fino  ad  arrivare  all’organizzazione
                terroristica  dei  Lupi  grigi,  con  Ali  Ağca,  l’attentatore  di

                Karol Wojtyła, che somministrava ogni volta a piccole dosi
                ipotesi sempre più paradossali e farneticanti: Emanuela è

                viva;  è  rinchiusa  in  un  ospedale  in  Inghilterra;  è  in  un
                convento;  la  trattengono  in  un  manicomio…  E  così  via,

                senza mai fornire un indizio. Tanto fumo, insomma, che
                serviva solo ad allontanare dalla verità.
                    Una  sottile  strategia,  denunciata  nel  1997  anche  dal

                giudice  istruttore  Adele  Rando  nella  sentenza  con  cui
                archiviava la pista della trama internazionale, esprimendo

                «il  fondato  convincimento  che  il  movente  politico-
                terroristico  costituisca  in  realtà  un’abile  operazione  di
                dissimulazione  dell’effettivo  movente  del  rapimento  di




                                                           20
   12   13   14   15   16   17   18   19   20   21   22