Page 43 - Io vi accuso
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Così hanno ucciso l’economia italiana
Le banche contro la piccola impresa
Lo schema a questo punto è molto semplice: le banche proteggono chi
garantisce loro la circolazione di capitali. Proteggono i forti, anche se
disonesti, e distruggono i deboli, anche se onesti. Per aiutare i primi
violano le leggi, come quelle che vietano il riciclaggio o l’evasione fiscale;
per affossare i secondi – ovvero i correntisti, i piccoli imprenditori, i
commercianti, gli artigiani – rendono difficile l’accesso al credito oppure,
qualora concedano loro un piccolo finanziamento, li riempiono di prodotti
accessori superflui. Il paradosso però è che quando si tratta di batter cassa
allo Stato gli istituti avanzano richieste «necessarie per tutti gli italiani» e
dall’altra parte nessuno obietta perché «se salta il sistema del credito, salta
l’economia italiana», come recita la solita litania di tutti i governi.
E l’economia italiana, come stiamo vedendo, si basa essenzialmente
sulla piccola impresa. L’ha scritto perfino il papa nella sua ultima enciclica
Laudato si’ del giugno 2015 che «il salvataggio a ogni costo delle banche,
facendo pagare il prezzo alla popolazione, senza la ferma decisione di
rivedere e riformare l’intero sistema, riafferma un dominio assoluto della
finanza che non ha futuro e che potrà solo generare nuove crisi dopo una
lunga, costosa e apparente cura». Mai parole furono più vere. Solo l’ultima
rivalutazione delle quote della Banca d’Italia, approvata dall’esecutivo Letta
nel gennaio del 2014, ha prodotto questi numeri: il capitale detenuto da
banche e assicurazioni è aumentato esponenzialmente fino a 7,5 miliardi
lordi. Con quale risultato? Che il credit crunch – cioè la riduzione dei soldi
prestati dagli istituti alle famiglie e alle imprese del nostro paese – si è
fatto ancora più rigido. Per la Corte dei conti, infatti, tra le maggiori
incognite che offuscano il quadro economico «non sembra esservi tanto il
rischio di un aumento dei tassi, quanto la mancata trasmissione al settore