Page 48 - Io vi accuso
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viene presa in considerazione. Il direttore, infatti, continua a rassicurarmi,

          invitandomi  ad  acquistare  immediatamente  la  stazione  di  servizio,
          fornendomi  capitale  per  circa  40.000  euro».  Al  piccolo  imprenditore,
          quindi,  la  banca  sconsiglia  di  accedere  ai  fondi  specifici  per  le start  up,

          facendolo  esporre  oltre  le  sue  possibilità.  Ma  il  peggio  deve  ancora
          accadere.  Il  debito,  scoprirà,  dovrà  essere  rimborsato  in  cinque  anni  con
          rate mensili di 1.098 euro. «Mi ero fidato della proposta del direttore: in
          qualche modo lui mi aveva garantito, anche se solo a parole, che mi sarebbe
          convenuto seguire questa strada e non quella dei fondi europei ma poi a

          conti fatti la spesa era insostenibile.» La banca, dunque, sarà responsabile
          delle  conseguenze  del  dissesto  provocato  dall’esercizio  di  un  potere
          discrezionale  e  tecnicamente  errato  nella  concessione  del  credito.  Passa

          qualche mese, infatti, e l’attività di Alberto non decolla, non porta i risultati
          sperati,  sono  addirittura  al  di  sotto  di  quelli  dell’altro  distributore.  Per
          prima cosa l’imprenditore fa presente all’istituto di non riuscire a versare
          l’intera somma ogni trenta giorni. «Era la prima volta in vita mia che non
          riuscivo a onorare un debito.»

              Il  direttore  risponde  che  non  c’è  problema,  che  avrebbe  autorizzato
          l’accensione di un nuovo mutuo, più lungo, per abbattere il costo della rata
          basandosi sulle garanzie dell’immobile (la casa in cui il ragazzo vive con i

          suoi famigliari) tra le altre cose già ipotecato. Un secondo mutuo che, come
          un fulmine a ciel sereno, viene però respinto, e indovinate perché? «Il mio
          reddito era troppo basso» mi racconta Alberto, «esattamente per lo stesso
          motivo che avevo fatto presente all’inizio della pratica e per il quale avevo
          suggerito una strada alternativa». Oltre il danno, la beffa. «A quel punto il

          vice  direttore  della  banca  [non  più  il  direttore, nda]  mi  informa  che  le
          aziende in difficoltà possono accedere a dei fondi di garanzia europei per le
          aziende in crisi.»

              Avete capito bene, Alberto non è impazzito: la soluzione per scaricare il
          cliente è la stessa che la banca ha cercato di scongiurare appena qualche
          mese  prima  perché  meno  conveniente  per  i  propri  profitti.  Per  quanto  la
          situazione sia ormai paradossale, tempo da perdere non ce n’è, come non ce
          n’è per litigare: il ragazzo, non avendo alternative per salvare l’azienda, il 3

          ottobre  2014  presenta  alla  banca  la  domanda.  Pochi  giorni  e  arriva  una
          buona  notizia:  «Ho  fatto  finta  di  nulla,  ho  accettato  il  loro  ennesimo
          consiglio e fortunatamente la richiesta è stata accolta. Ho avuto accesso a

          questo fondo di cui il 75 per cento era messo a disposizione dallo Stato e il
          25 per cento dalla banca in questione».
              Se  pensate  a  un  lieto  fine  toglietevelo  dalla  testa:  con  le  banche  la
          tragedia si consuma fino in fondo. Sebbene l’istituto si fosse sgravato di un
          bel  peso,  andò  oltre:  «Con  una  chiamata  al  limite  della  schizofrenia  mi
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