Page 49 - Io vi accuso
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fanno sapere che “nonostante il nulla osta del ministero per lo Sviluppo
economico, l’istituto nega l’approvazione della pratica”» mi racconta ancora
esterrefatto Alberto nel mio ufficio di piazza Bovio. «La banca, senza
remore, ammette che ha paura che io non sia in grado di onorare anche
solo quel 25 per cento di prestito. Una considerazione fatta in virtù dei miei
affari che in quel momento certo non brillavano. E qualsiasi tipo di
raccomandazione al riguardo non è servita. Avevo pianificato importanti
investimenti ma non c’è stato nulla da fare.»
Per capire che tipo di imprenditore sia Alberto è utile sapere che in
precedenza, sempre in quella banca e con il solito direttore
improvvisamente volatilizzatosi, gli era stato concesso anche un fido – con
tassi di interesse da strozzinaggio – per uno scoperto di conto corrente di
20.000 euro a cui si aggiungevano dei «fuori fido» (approvati sempre dal
solito direttore) per l’acquisto di carburante in occasione delle varie
campagne di incentivazione disposte dalle società petrolifere. «In alcuni
periodi dell’anno ci proponevano di acquistare a prezzi vantaggiosi la
benzina a condizione però che i quantitativi fossero maggiori di quelli
abituali. Facendo presente questa opportunità alla banca mi sentivo sempre
rispondere: “Compra pure, ti facciamo utilizzare il fido fino a 32.000 euro
di scoperto”.»
Su questi «fuori fido» di 12.000 euro venivano applicate delle penali
(oltre agli interessi extrafido) di 80 euro per ogni giorno di ritardo nella
restituzione. «Alla fine dei giochi ho capito che tutte queste agevolazioni
concesse dal direttore servivano per estorcermi denaro. Mi venivano
applicati tassi di interesse sconosciuti, soluzioni fittizie che non facevano
altro che indebitarmi ulteriormente. E io mi fidavo» conclude Alberto.
Le «finte» agevolazioni non hanno fruttato solo alla banca ma anche
allo stesso direttore, nella sua veste di normale cittadino. Questo lo si
evince dagli estratti delle conversazioni via WhatsApp portate in procura.
«Sono le uniche che sono riuscito a recuperare ma risalta subito come
caricavo frequentemente punti benzina dietro sue pressioni, dietro velate
minacce, apparentemente ironiche, di non rinnovarmi i fidi. Molto spesso
gli caricavo sulla sua carta dei buoni carburante da un minimo di 80 fino a
200 euro alla volta. Incassava dei soldi utilizzando la sua posizione e il suo
status; otteneva da me dei benefici personali. Io sono stato
accondiscendente perché altrimenti, me lo faceva capire, non avrei avuto
credito.»
«Ho esaudito ogni suo desiderio, perfino regalare una mountain bike
alla figlia» prosegue nel suo racconto-denuncia Alberto. «Quando poi a
novembre 2014 mi ha bloccato i fidi sono incappato in un complicato
periodo di crisi finanziaria, da cui ho tentato di risollevarmi mettendo in