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Gomme e pieno di benzina per il direttore



              Direttore: «Pieno?».
              Alberto: «Ok, credo di sì, le gomme?».
              Direttore: «Le gomme la settimana prossima».
              Alberto: «Meglio».
              Direttore: «Il pieno dobbiamo farlo comunque».

          Quello che avete appena letto non è uno scambio di battute tra due amici di
          vecchia  data  ma  una  singolare  conversazione,  per  usare  un  eufemismo,

          avvenuta su WhatsApp (e depositata, come tutte le altre che riporteremo,
          con  denuncia  presso  il  Tribunale  di  Santa  Maria  Capua  Vetere)  tra  un
          piccolo imprenditore e il direttore della sua banca, tra i quali non ci sono
          mai  stati  rapporti  al  di  fuori  di  quelli  professionali.  Alberto  è  un  giovane
          imprenditore di neanche quarant’anni che vive a Mondragone, in provincia

          di Caserta. Un ragazzo dinamico, titolare di una stazione di rifornimento e
          cliente virtuoso di un noto istituto di credito italiano. «Fino al gennaio del
          2014 in quella banca avevo disponibilità per 25.000 euro tra titoli e polizze

          assicurative  e  risultavo  essere  un  cliente  “sicuro”,  uno  di  quelli  che  non
          aveva mai avuto segnalazioni o problemi per mancato pagamento di rate di
          mutuo  o  per  essere  andato  oltre  il  limite  del  fido  di  conto  corrente»  mi
          racconta Alberto quando, disperato, mi chiede di incontrarlo per avere una
          consulenza e per capire, soprattutto, come non fallire avendo una famiglia

          da mantenere.
              «Sempre a gennaio dello scorso anno mi capita tra le mani la possibilità
          di  rilevare  una  pompa  di  benzina,  la  seconda,  poiché  in  precedenza  ne

          avevo già presa una in gestione, ottenendo buoni profitti. Come è prassi in
          queste occasioni – prosegue il ragazzo – mi rivolgo al direttore della mia
          agenzia per richiedere un prestito» che gli viene concesso senza però «un
          valido contratto dal quale risultasse il periodo di restituzione del denaro e i
          tassi  applicati».  Alberto,  dunque,  vuole  lanciarsi  in  un  nuovo  progetto

          imprenditoriale; per la gestione dell’altro distributore, però, pesa sulle sue
          spalle  già  un  finanziamento  di  15.000  euro,  richiesto  presso  lo  stesso
          istituto  per  cui  paga  una  rata  mensile  di  300  euro  a  cui  si  aggiunge  un

          mutuo per l’acquisto della prima casa, acceso sempre in quella filiale, per il
          quale ne versa altri 500 ogni trenta giorni».
              Al  momento  della  richiesta,  condizione  ben  conosciuta  dalla  banca,  il
          reddito certo del giovane imprenditore è di soli 10.000 euro annui. Per non
          gravare troppo sulle sue entrate mensili, il ragazzo sceglie di seguire una

          strategia  finanziaria  più  coerente  con  l’investimento  che  vorrebbe
          effettuare: consegna alla banca «la documentazione attestante il reddito al
          fine di riuscire ad accedere ai cosiddetti “fondi europei per prestiti agevolati

          per il finanziamento alle imprese”. Una richiesta più coerente ma che non
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