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Lo scandalo de «Il Denaro»



          Un  altro  caso  di  cui  conosco  i  retroscena  è  riportato  su  «il  Fatto
          Quotidiano» del 23 luglio 2015: «Una finta cooperativa i cui soci erano in

          realtà esclusi dalla gestione e il cui obiettivo primario era beneficiare dei
          contributi pubblici per l’editoria: oltre 11 milioni tra il 2007 e il 2011. Così
          la  Guardia  di  finanza  di  Napoli  ha  ricostruito  il  modus  operandi  della
          società  editoriale  Il  Denaro,  proprietaria  dell’omonima  testata,  e  della

          cooperativa Edizioni del Mediterraneo, che fino alla messa in liquidazione
          ha avuto in affitto il quotidiano economico. Mercoledì le Fiamme gialle –
          prosegue il pezzo – hanno sequestrato oltre 16 milioni di euro al direttore e
          cofondatore del giornale, Alfonso Ruffo, accusato di truffa aggravata per il

          conseguimento  di  erogazioni  pubbliche  all’editoria,  e  alle  due  società  a
          titolo  di  responsabilità  amministrativa.  Il  procuratore  aggiunto  Fausto
          Zuccarelli,  che  ha  chiesto  il  sequestro,  scrive  che  le  indagini  hanno
          accertato che la Edizioni del Mediterraneo era “priva dei requisiti soggettivi

          previsti per poter beneficiare delle sovvenzioni, operando in assenza della
          causa  mutualistica  ed  essendo  i  soci  cooperatori  di  fatto  esclusi  dalla
          gestione  della  società”.  La  cooperativa,  inoltre,  sopravviveva  “solo  grazie
          alla  contabilizzazione  di  componenti  positivi  di  reddito  riconosciuti  alla

          stessa dalla editoriale Il Denaro al fine esclusivo di preservarne il capitale
          sociale ed evitarne lo scioglimento”».
              «Le  azioni  fraudolente  di  Ruffo  –  sempre  secondo  Zuccarelli  –  hanno
          indotto in errore il dipartimento per l’Informazione e l’Editoria presso la

          presidenza del  Consiglio dei ministri, che ha erogato  per  le  annualità  dal
          2007  al  2011  contributi  all’editoria  per  complessivi  11.411.284  euro,
          determinando un danno patrimoniale di rilevante gravità.»
              Mi chiedo: come mai le banche (e nel caso dell’editoria, come abbiamo

          visto,  parliamo  del  top  management,  a  cui  sono  attribuite  le  facoltà  di
          erogazione creditizia) che hanno prestato soldi all’organo di informazione
          napoletano – che a oggi deve restituire ancora un milione di euro – e che
          dal  2008  sono  sempre  più  rigide  nel  valutare  i  numeri  delle  piccole

          imprese,  non  si  sono  mai  accorte  di  queste  manipolazioni  e  non  hanno
          effettuato  analisi  approfondite,  sebbene  già  nel  2011  il  bilancio
          dell’editoriale Il Denaro presentava una perdita di 175 milioni di euro e un
          margine  operativo  lordo  negativo  per  332  milioni  di  euro?  Forse  perché

          quegli  stessi  istituti  comparivano  costantemente  e  in  «splendida  forma»
          sulle  pagine  di  quel  magazine  in  liquidazione  dall’ottobre  2014?  Forse
          perché  la  proprietà  era  molto  bene  inserita  negli  ambienti  di
          Confindustria? Erano talmente trattati bene dai giornalisti di quella testata

          che  il  direttore  generale  di  una  delle  banche  aveva  imposto  perfino  il
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