Page 25 - Io vi accuso
P. 25
«La sensazione è quella di avere scoperto uno dei tentacoli, il più
pericoloso e mastodontico, della piovra mondiale del riciclaggio. Che
soltanto dall’Italia ogni anno riusciva a far sparire un miliardo di euro per
trasferirlo in Cina. Soldi sporchi, frutto di evasione fiscale, contraffazione,
immigrazione clandestina, reati doganali. Forse prostituzione. La Guardia
di finanza di Firenze ne ha contati per ora quattro di miliardi illeciti riciclati
all’estero».
Un’operazione colossale che conta, tra arrestati e indagati, 297 persone,
per lo più orientali, e che potrebbe diventare un maxiprocesso. Venti di
loro, infatti, hanno anche l’aggravante mafiosa: «Minacce, intimidazioni,
ricatti, violenze. Associazione per delinquere, trasferimento illecito di
denaro all’estero, evasione fiscale». Come spiega il giornalista Marco
Gasperetti «l’inquisito eccellente di questa inchiesta, iniziata almeno
cinque anni fa, non è una persona fisica ma un istituto di credito: la filiale
di Milano di Bank of China, la banca di Stato della Repubblica popolare
cinese. Secondo la procura – continua il cronista – almeno quattro suoi
dirigenti (direttore e vicedirettore compresi) non avrebbero segnalato una
sequela interminabile di operazioni sospette, omettendo i controlli imposti
dalla legge».
Si parla di migliaia e migliaia di money transfer che quotidianamente
piccoli imprenditori e aziende cinesi inviavano tramite computer. «Il
“grande forziere”, gestito da alcune famiglie cinesi in odore di mafia, aveva
la complicità di una finanziaria con propaggini a San Marino ed era gestita,
per l’accusa, dalla Money2Money, società di money transfer con sede a
Bologna e ramificazioni in tutta Italia» aggiunge Gasperetti. Per aggirare la
legge, che prevede limiti di 2000 euro portati poi a 1000 per ogni singolo
trasferimento, «l’organizzazione adottava la tecnica dei miniversamenti da
1999,99 prima e da 999,99 euro poi, con falsi intestatari. I soldi, più o meno
sporchi, raggiungevano infine la Cina e tornavano candidi, pronti per essere
investiti in nuovi progetti, spesso illegali». È chiaro, dunque, che anche i
cinesi siano per molti versi una categoria protetta dal sistema bancario. I
motivi sono scontati, basta vedere i soldi che passano per le loro mani.