Page 23 - Io vi accuso
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Categorie protette
La Cina è (molto) vicina
Quella del clero, purtroppo, non è l’unica categoria che le banche
proteggono per preservare il sistema. È il caso di dire che gli istituti di
credito fanno differenze, oltre che di religione, anche di razza visto che tra i
loro tutelati ci sono da sempre anche i cinesi. I commercianti orientali
hanno una corsia preferenziale nel mondo bancario al contrario di qualsiasi
altro piccolo imprenditore italiano. Spiega Vittorio Carlomagno,
dell’Associazione contribuenti italiani, che, «dove la comunità cinese è
maggiormente presente, è stato rilevato un indice di evasione fino al 98 per
cento». Quando ero responsabile di area della banca controllavo anche una
filiale situata nella Chinatown partenopea, nei pressi del vecchio
stabilimento della manifattura tabacchi, dove si fa fatica a trovare un
cliente italiano. Da sempre quella è una delle agenzie in cui gira più denaro:
fattore determinante per gli asset bancari grazie ai quali vengono elargiti i
cospicui premi per il middle e top management. E allora perché rompere
questo idillio? Alla faccia della legge sull’antiriciclaggio.
La scena è sempre la stessa. Il commerciante cinese dall’altro lato della
scrivania che legge quanto riporta il modulo precompilato: «Gentile cliente,
la normativa antiriciclaggio impone l’obbligo di informare la banca se le
operazioni sono svolte per conto di altri soggetti. Tali operazioni potranno
essere disposte esclusivamente in agenzia, previa presentazione di copia di
un documento di identità del soggetto terzo». Mai nessun cliente che
obietti qualcosa: un sorriso, una firma e via con la raffica di operazioni.
Eppure la prima stortura si cela proprio dietro i documenti d’identità.
Spesso i nomi riportati si ripetono identici e dalla fotografia è impossibile
distinguere un soggetto da un altro. Ricordo tante email inviate all’ufficio
della banca preposto a raccogliere le segnalazioni da inoltrare alla Guardia