Page 19 - Io vi accuso
P. 19

Le «coperture» bancarie



          La riprova del rapporto a doppio filo che c’è tra banche e clero l’ho vissuta
          direttamente  anche  sulla  mia  pelle.  Nel  2009,  quando  ero  dentro  il

          «sistema», decido di fondare una Onlus per il sostegno dei ragazzi disagiati
          delle      periferie       napoletane.          Un’iniziativa         «benedetta»          perfino
          dall’arcivescovo di Napoli, che si impegna sin da subito, tramite la curia, a
          mettermi a disposizione un locale in comodato d’uso gratuito da adibire a

          sede dell’associazione. Il mediatore di questa operazione è un altro prete di
          una parrocchia al centro di Napoli, uno di quelli che, pur non essendo un
          alto prelato, dispone di un conto con «saldo da cliente personal banking».
          Un sacerdote molto scaltro che appena concluso l’incontro con il cardinale,

          scendendo  per  le  scale  di  Palazzo  Donnaregina,  sede  dell’arcivescovado
          partenopeo, mi tira per un braccio e mi anticipa che «per contribuire alle
          spese  condominiali  [che  a  onor  del  vero  la  curia  non  paga, nda]
          l’associazione  deve  versare  un  contributo  di  100  euro  al  mese  sul  conto

          della parrocchia». Della sua parrocchia, ovviamente.
              Il contratto, che conservo ancora nel mio archivio, viene stipulato quasi
          subito e poco dopo mi viene affidata una sala nel quartiere della zona del
          Duomo.  Anche  le  attività  decollano  immediatamente  e  la  Onlus  diventa

          presto  un  faro  per  i  quartieri  a  rischio  della  città.  Per  ben  tre  anni
          organizziamo  tornei  di  calcetto,  manifestazioni  e  iniziative  di  solidarietà,
          coinvolgendo  sempre  il  prete-mediatore  che  presenzia  lieto  agli  incontri.
          Una volta uscito dal mondo del credito, però,  passano  poche  settimane  e

          l’attività di beneficenza non trova più il consueto sostegno, oltre che della
          banca,  anche  del  sacerdote,  il  quale  mi  fa  pervenire  all’improvviso  una
          lettera  di  messa  in  mora:  «Vi  invito  e  diffido  a  provvedere,  entro  cinque
          giorni  dalla  ricezione  della  presente,  al  versamento  di  quanto  dovuto,

          preavvertendovi  che,  in  difetto  di  tempestivo  e  puntuale  riscontro,  si
          provvederà  a  adottare  tutti  i  rimedi  previsti  dal  contratto  nonché  a  adire
          l’autorità giudiziaria per l’esecuzione di tutti i provvedimenti a tutela della
          parrocchia».  Al  sacerdote  poco  importa  che  gli  sbatta  sulla  sua  scrivania

          tutti gli estratti conto attestanti regolari pagamenti (anche questi sono nel
          mio archivio) fino al mese precedente; poco importa che senza un punto di
          riferimento  fisico  una  Onlus  del  genere  non  possa  sopravvivere:  quella
          lettera  era  l’anticamera  della  frattura,  la  prima  crepa  di  una  nobile

          iniziativa che, evidentemente, ormai «peccava» di non avere una banca alle
          spalle. Non ero più strategico per il clero.
              Ma  cosa  succede  quando  saltano  certe  coperture?  A  giugno  del  2015
          dieci persone finiscono in manette per il crac di 500 milioni di euro della

          casa di cura Divina Provvidenza, a Bisceglie. Tra queste ci sono anche due
   14   15   16   17   18   19   20   21   22   23   24