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La Chiesa e la bufala dell’antiriciclaggio
L’estratto conto di un prete
Il bonifico della curia è puntuale come ogni mese: «922,05 euro per conto
dell’Istituto per il sostentamento del clero». Tra le entrate del sacerdote, a
marzo 2015, compare anche un’altra voce, per «la celebrazione di messe»,
di ulteriori «111,55 euro». Insomma, leggendo la colonna di destra
dell’estratto, il messaggio francescano di papa Bergoglio che predica «una
Chiesa povera per i poveri» sembra essere rispettato. Qualche perplessità
sorge scorgendo la colonna di sinistra, quella delle uscite, che non
corrispondono certo a una vita parca di sacrestia. Nell’arco di trenta giorni,
infatti, è riportata la somma di «50.000,00 euro per sottoscrizione di titoli
e fondi comuni» a cui si aggiungono «20.000,00 euro per acquisto titoli».
Non solo. Qualche giorno prima dell’accredito dello stipendio entrano
prima «50.683,98 euro per vendita di titoli» e dopo altri «29.967,03»
sempre per «vendita di titoli».
Una vita finanziaria intensa, quella del sacerdote, che può permettersi
anche un bonifico su conto estero, probabilmente in seno allo Ior, la banca
del Vaticano, di «963,66 euro di regalo di compleanno per un amico». Il
tutto, sempre con i suoi poco più di 900 euro di stipendio. Questa è una
pratica «sospetta» che per moltissimi rappresentanti del clero si ripete tutti
i mesi. E non solo per loro. Come vedremo, questo succede anche per i
commercianti cinesi, per chi ha soldi da «nascondere» al fisco e per chi
dispone di ingenti capitali: i cosiddetti clienti personal o private banking
con disponibilità superiori ai 500.000 euro. Ma quante operazioni simili
vengono segnalate all’antiriciclaggio? Praticamente nessuna, da qualche
parte il meccanismo si blocca, perché per la banca sarebbe un autogol, una
remissione di denaro. La mancata trasmissione agli organi preposti di
operazioni dubbie riconducibili al mondo ecclesiastico ha radici profonde.