Page 17 - Io vi accuso
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Le minacce di licenziamento



          Se un normale correntista avesse la malaugurata idea di protestare con la
          banca che gli chiede di rientrare da uno scoperto di conto o che gli nega un

          fido avrebbe il destino segnato per sempre. La sua attività, nel caso fosse
          un imprenditore, sarebbe a rischio. Per il clero è l’esatto contrario perché
          sono loro, come clienti, ad avere il coltello dalla parte del manico, sono loro
          a  disporre  del  denaro  da  far  circolare  per  ingrassare  le  casse  vuote  degli

          istituti.  Ieri  come  oggi.  Ricordo  il  caso  del  cugino  di  un  ex  vescovo  di
          Napoli,  sacerdote  di  una  parrocchia  di  Pianura,  quartiere  periferico  della
          città,  che  disponeva  di  un  conto  corrente  con  saldo  di  «520.000  euro  in
          data aprile 2008». In quegli anni il direttore dell’agenzia della zona era uno

          dei  miei  fedelissimi,  uno  di  quei  ragazzi  presi  e  formati  da  zero.  Matteo,
          così  si  chiama,  è  sempre  stato  commercialmente  aggressivo.  Talmente
          bravo  che  riesce  a  vendere  una  polizza  assicurativa  –  di  quelle  che  alla
          banca  fruttano  il  23  per  cento  del  premio  mentre  al  cliente  ben  poco  –

          anche al prete di Pianura.
              Qualche giorno dopo, quando il prelato si accorge di aver comprato un
          prodotto  finanziario  spazzatura  –  complice  anche  una  conversazione
          privata con il collega diacono che gestisce per la banca tutti i rapporti con il

          clero  –  e  pretende  indietro  i  soldi,  la  situazione  prende  una  piega
          impensabile.  Solitamente,  «passate  ventiquattro  ore  dalla  sottoscrizione
          del suddetto accordo», come recita il contratto che ancora conservo, «esso,
          salvo  penali,  è  irrevocabile».  Il  parroco  di  Pianura,  però,  non  è  un

          «normale» cliente. La sua ira non si placa e Matteo chiede al sottoscritto di
          cercare un compromesso. Nel frattempo intervengono tutti gli stati generali
          della curia napoletana che minacciano di cambiare banca in blocco. Scoppia
          il  panico:  il  loro  referente  interno  all’istituto,  il  solito  diacono  «non

          allineato», comincia a farmi pesanti pressioni affinché risolva la cosa nel
          più  breve  tempo  possibile  e,  soprattutto,  «senza  conseguenze».  Così
          fortunatamente avviene: poche ore dopo, cosa mai verificatasi prima nella
          mia vita di dirigente bancario, al prelato vengono restituiti tutti i soldi, le

          penali  vengono  azzerate  e  la  polizza  stracciata,  con  tante  scuse  da  parte
          dell’istituto.
              Finisce così? Neanche per sogno. Il sacerdote, non contento, pretende il
          licenziamento  di  Matteo.  Alla  faccia  del  professare  il  perdono.  Vuole

          incontrarmi  per  chiedere  lo  «scalpo  del  funzionario».  Negoziamo  per
          giorni,  cerco  di  convincerlo  a  non  accanirsi  ma  non  c’è  nulla  da  fare,
          continua  a  pretendere  il  licenziamento  del  collega.  Una  cosa  che  ha
          dell’incredibile e che si chiude solo dopo circa un mese grazie alla gentile

          intercessione del vescovo di Napoli in persona. Insomma, è il caso di dire,
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