Page 28 - Io vi accuso
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La truffatrice
C’è un episodio che mi riguarda direttamente e che è indicativo a proposito.
Un bel giorno, siamo alla fine del 2011, in filiale si presenta una giornalista
che si spaccia per caporedattrice di un importante quotidiano napoletano.
La donna chiede di aprire un conto corrente. Essendo io il responsabile
d’area, come prassi il direttore dell’agenzia mi inoltra la richiesta. Appena
prendo in mano l’incartamento, mi viene in mente che quel nome lo avevo
già letto nelle pagine della cronaca locale e pertanto decido, in modo del
tutto arbitrario, di non approfondire chi fosse e neanche di avvertire la
direzione centrale come da regolamento. Senza procedere all’analisi
finanziaria del cliente approvo anche una carta di credito con un plafond
illimitato, contento di aver «conquistato» il capo della stampa di quell’area
della città. La sorpresa viene guastata già dopo un mese, quando sul suo
conto non trovo i fondi necessari per pagare degli acquisti effettuati con la
carta per oltre 4000 euro, che diventano 7000 dopo sessanta giorni.
Decido di non avvertire i miei superiori e provo a contattarla
telefonicamente. Niente. Sul giornale, oltretutto, la sua firma era
improvvisamente scomparsa. A quel punto, cominciando a mangiare la
foglia, chiamo la redazione centrale del quotidiano e chiedo di parlare
direttamente con il direttore, un autorevole giornalista italiano che aveva,
tra l’altro, più conti presso di noi. La reazione è laconica: «Non le avrete
mica concesso qualche finanziamento?». Appena l’uomo pronuncia queste
parole capisco di essere stato fregato. Il direttore mi racconta che la
sedicente cronista aveva cominciato a scrivere qualche pezzo come
collaboratrice saltuaria ma dopo un paio di mesi e le prime denunce di
truffa accumulate era stata subito allontanata dalla redazione. Panico.
Penso a cosa fare e non trovo altra alternativa che comunicare il tutto ai
miei superiori come avrei dovuto fare dal principio. La cosa mi costerà cara,
una delle peggiori strigliate della mia vita professionale. Non per la truffa
subita ma perché non avevo passato alla direzione centrale il nominativo
della giornalista rischiando, riporto testualmente l’email dei responsabili,
«un eventuale danno reputazionale che per la nostra azienda – soprattutto
con i tempi che corrono in cui sempre più frequenti sono le rimostranze,
spesso prive di sostanza, dei clienti – rappresenterebbe l’equivalente, se
non peggio, di un danno economico. Quanto alla truffa, basta accollarsi,
solo perché si tratta di una giornalista, quello scoperto di conto corrente
come perdita». In altri termini la banca, piuttosto che avviare un’azione di
recupero legale di quanto prestato, «preferisce» iscrivere nel suo bilancio
una perdita pari all’importo dato in prestito e non più restituito, una cosa
impensabile se a compiere la truffa fosse stato un normale cliente.