Page 75 - Avarizia
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Finora nessuno aveva contezza delle proporzioni del business, ma

          in passato molti – anche autorevoli esponenti cattolici – avevano
          criticato l’eccesso di santificazioni e storto il naso di fronte
          all’inflazione di benedetti imposta da Giovanni Paolo II, che durante

          i ventisette anni del suo pontificato ha proclamato 1338 beati e 482
          santi, quasi un quarto di tutti quelli canonizzati nei precedenti
          cinque secoli. Di certo, la proliferazione – interrotta con l’avvento di
          Benedetto XVI, che ha imposto ritmi più tradizionali chiedendo,
          attraverso una nota scritta ai vescovi, maggiore rigore nell’apertura

          della fase diocesana del processo – è dovuta a una precisa scelta
          teologica di Karol Wojtyla, desideroso di mostrare alla comunità dei
          cattolici che chiunque, con le opere e il martirio, può aspirare a

          diventare santo.
             Ma è un fatto che il boom (attualmente le cause in giacenza sono
          circa tremila) ha comportato anche un vertiginoso aumento dei
          prezzi. L’apertura dell’inchiesta voluta da papa Francesco aveva
          due compiti principali: valutare la reale entità del business e

          verificare eventuali movimenti finanziari non appropriati. Molto più
          degli uffici vaticani della congregazione, infatti, sono i postulatori i
          veri cassieri di ogni singola causa, a volte monsignori a volte

          avvocati laici (diplomati alla scuola vaticana preposta, lo “studium”)
          che – dopo aver ricevuto la procura da parte di persone fisiche,
          congregazioni o ordini religiosi – raccolgono i soldi che gli attori
          depositano in un conto corrente, aperto per l’uopo allo Ior. Sono
          sempre i postulatori a gestire, nel corso degli anni della durata della

          causa, tutti i fondi e i beni destinati al futuro beato, e a saldare i
          conti con gli uffici vaticani e i consulenti esterni. Così dal 2013, nel
          tentativo di ripulire l’istituto e attuare le nuove direttive

          antiriciclaggio, la prefettura degli Affari economici ha ordinato a
          tutti i postulatori titolari di conti allo Ior di inviare alla
          Congregazione ogni movimento finanziario da loro effettuato. Alla
          fine dell’istruttoria Bergoglio ha deciso che l’andazzo era
          inaccettabile, e che andava cambiato. Al più presto. Ha convocato

          Angelo Amato, attuale prefetto della Congregazione e cardinale
          considerato vicino a Tarcisio Bertone, chiedendo lumi sulle cifre da
          capogiro indicate dal report. Poi ha comandato alla Cosea e alla

          prefettura di disporre il blocco temporaneo dei conti Ior dei
          postulatori fintanto che non fossero analizzate ogni entrata e ogni
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