Page 74 - Avarizia
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entra nella sua seconda fase, quella romana, e si sposta in Vaticano.

          È negli uffici della Congregazione, a due passi da piazza San Pietro,
          che il postulatore dovrà depositare la sua “positio”, cioè la relazione
          finale sul candidato che verrà analizzata dal promotore di giustizia,

          il magistrato della Congregazione che deve dare il suo avallo alle
          virtù dell’aspirante beato e alla veridicità del miracolo presentato
          nella positio. Il prodigio che si dibatte nel processo è quasi sempre
          una presunta guarigione di un malato ritenuta scientificamente
          inspiegabile, che viene discussa da una commissione medica di sette

          medici (sia credenti che non, oggi è presieduta dal professore
          Patrizio Polisca, già medico personale di Benedetto XVI) convocata
          sempre dalla Congregazione.

             Alla fine è un congresso teologico, formato da nove esperti, a
          sancire se il servo di Dio può diventare beato, ma la proclamazione
          finale spetta esclusivamente al pontefice. Se gli attori, poi, volessero
          far proseguire il cammino dell’eletto verso una nuova promozione
          celeste, il postulatore deve dimostrare in un nuovo processo

          canonico che il candidato ha compiuto un ulteriore miracolo dopo la
          beatificazione, e merita di diventare santo.
             Questa, in estrema sintesi, è la procedura standard. Quello che i

          manuali vaticani non dicono, però, è che chi vuole tentare di elevare
          un suo caro agli onori degli altari deve spendere tantissimi soldi.
          Ogni causa ha la sua storia, e i costi sono variabili: la cifra finale
          dipende dall’onorario del postulatore, dalla difficoltà e dai tempi
          necessari a vagliare la documentazione, da eventuali richieste di

          approfondimento e dai viaggi necessari a raccogliere informazioni.
          Ma a vedere i documenti di centinaia di pratiche dal periodo che va
          dal 2008 al 2015, si tratta in genere di decine, spesso di centinaia di

          migliaia di euro. Anche la lista delle uscite fisse è impressionante: si
          va dalle tasse e i diritti da versare alla Santa Sede ai costi delle
          traduzioni (alla fine la positio deve essere consegnata interamente
          in latino), dalle consulenze per teologi e studiosi alle perizie
          mediche, fino ai decreti (sul martirio o sul miracolo), alle spese per il

          congresso dei teologi e i denari per l’organizzazione della cerimonia
          di beatificazione e canonizzazione: per la sola giornata di
          beatificazione del filosofo Antonio Rosmini, secondo un prospetto

          distribuito nel 2003 dall’allora postulatore della causa, si sarebbero
          dovuti spendere 375 mila euro.
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