Page 73 - Avarizia
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Soprattutto, Francesco ha capito che la fabbrica della santità
voluta da Sisto V nel 1588 lavora oggi non solo a pieno ritmo, ma
sembra ispirarsi all’aforisma del poeta latino Giovenale, secondo il
quale “la reputazione dipende soltanto dai quattrini che uno ha in
cassaforte”: è un fatto che per i santi in pectore con buoni uffici
sulla terra sarà assai più facile correlarsi con il divino, rispetto ai
colleghi che hanno sponsor meno ricchi e lobby meno influenti che
ne spingano il cammino verso l’agognata aureola. Nel 2005 il
cardinale José Saraiva Martins, allora prefetto della Congregazione
delle cause dei santi, nel libro-intervista Come si fa un santo spiegò
che i costi della canonizzazione, tra spese vive della Congregazione,
rimborsi agli studiosi, ricerche, volumi e tipografia, arrivavano in
media a una soglia massima di 14 mila euro. Dalle centinaia di
documenti consultati da chi scrive, è certo che la cifra in moltissimi
casi è assai più alta, e che per un rapido e positivo esito della causa
il peso del denaro e l’influenza delle camarille è enorme.
La strada per raggiungere la santità non è semplice, e prevede
regole burocratiche rigide e complesse. Se gli storici ricordano che
in antichità il papa poteva canonizzare un martire per sua decisione
o persino dopo semplice acclamazione popolare, alla fine del
Cinquecento papa Sisto V stabilì criteri specifici per il
riconoscimento della divinità, in modo da evitare abusi ed eccessi, e
decise che un nuovo organismo, ribattezzato poi da Giovanni Paolo
II Congregazione delle cause dei santi, trattasse il percorso verso la
beatitudine attraverso un processo basato sul diritto canonico.
Oggi chiunque faccia parte “del popolo di Dio” può chiedere
l’apertura di un procedimento (in genere a fare domanda sono
parenti, amici e, soprattutto, gli ordini religiosi a cui apparteneva
l’aspirante), ovviamente solo dopo la morte del candidato. Sono loro
gli “attori” della causa, che hanno anche il compito di incaricare un
postulatore, sorta di avvocato difensore che istruirà e perorerà la
causa. La prima parte del processo è detta “diocesana”, e non può
prendere il via senza il nulla osta del vescovo competente, in genere
quello del territorio in cui il candidato è deceduto.
A processo iniziato l’esaminando assurge a “servo di Dio”, e la sua
vita e le sue opere vengono scandagliate attraverso
un’investigazione del postulatore. Se dopo testimonianze, ricerche e
interviste vengono scoperti presunti eventi miracolosi, la causa