Page 69 - Avarizia
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se i clienti fanno ottimi affari, il Vaticano guadagna somme enormi.

          Pazienza se l’erario italiano continua a rimetterci: è un trascurabile
          effetto collaterale.
             Leggendo le carte, si nota che il dipartimento dei Servizi

          economici che controlla i negozi del papa (farmacia esclusa) ha in
          tutto 123 dipendenti, e incassa una cifra pari al 30 per cento
          dell’intero fatturato del governatorato. “Il carburante rappresenta
          per il dipartimento la fonte di guadagno e di margini più
          importanti,” scrivono gli analisti di Ernst&Young. Le pompe di

          benzina sono due, e “il prezzo per i consumatori è 20 per cento più
          basso rispetto a quello italiano. Il costo di acquisto per il Vaticano
          non include la tassazione. Il fornitore attuale è l’Eni”. Il rapporto

          elenca anche alcuni “temi caldi” del commercio. Se su 27 milioni di
          euro di benzina venduti nel 2012 (l’utile netto, tolte le spese, è di
          13,7 milioni), “il 18 per cento è stato venduto a clienti ‘sconosciuti’,
          ci sono 550 tessere che hanno superato il limite annuale” di acquisti,
          pari a 1800 litri. In tutto, hanno fatto la fila alla pompa ben 27 mila

          persone, molte più di quelle autorizzate. Di fronte a cifre del genere,
          pur non avendo prove, non si può escludere che nell’equazione entri
          anche la compravendita di gasolio su mercati paralleli, ovviamente

          in nero. Una curiosità: secondo i dati della motorizzazione vaticana,
          la Santa Sede ha immatricolato 299 automobili tra il 2010 e il 2012.
          Cardinali e monsignori hanno quasi tutti la loro auto, e qualcuno ha
          chiesto e ottenuto anche il benefit dell’autista: su 39 dipendenti
          dell’ufficio preposto, 24 fanno avanti e indietro per le strade di

          Roma per accompagnare le tonache a riunioni, pranzi, eventi e
          messe varie.
             I fortunati possessori della tesserina possono anche comprare cibo

          scontato al supermarket (chiamato “annona”, il suo fatturato nel
          2012 ha superato i 20 milioni), abiti firmati e televisori
          ultratecnologici nel corner shop (fatturato da 16-17 milioni l’anno)
          e, soprattutto, rifornirsi di sigarette dal tabaccaio di Dio. “Il
          tabacco,” spiegano quelli di Ernst&Young, “è la seconda più

          importante fonte di utile del dipartimento dei servizi economici.
          Ogni tessera può acquistare massimo cinque stecche al mese.” Per
          non rinunciare a un incasso che viaggia oltre i 10 milioni l’anno e

          per non deludere gli undicimila affezionati clienti, però, il Vaticano
          preferisce chiudere un occhio sulle regole che esso stesso si è dato:
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