Page 174 - Avarizia
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Il prete dalle mani bucate
Le follie finanziarie del vescovo di Limburg, città dell’Assia di
trentatremila anime, hanno indotto nel 2014 la Società per la lingua
tedesca (l’Accademia della Crusca in versione teutonica) a dare il
sigillo a un nuovo lemma, Protz-Bischof. Letteralmente “vescovo
spaccone”, votata dall’istituto come seconda parola dell’anno dopo
“GroKo”, abbreviazione giornalistica della Grosse Koalition che
governa da anni la Germania. Il sacerdote Franz-Peter Tebartz-van
Elst per diventare un lemma ha fatto l’opposto di quanto chiesto da
Francesco ai suoi monsignori, e ha investito 31 milioni di euro per
allargare e ristrutturare la sede vescovile, il centro diocesano St.
Nikolaus, i cui lavori inizialmente sarebbero dovuti costare circa 5
milioni, già ritenuti eccessivi dalla comunità di fedeli. Il presule
aveva fatto orecchie da mercante, approvando preventivi per la
cappella privata, la cantina per le reliquie, il giardino, oltre a fatture
per 2,9 milioni destinati alla sua residenza privata. Caratterizzata
da una sala da pranzo di 63 metri quadri e una vasca da bagno
kingsize da 15 mila euro. Tutti soldi che, secondo la “Süddeutsche
Zeitung”, sarebbero stati stornati dai capitali della fondazione
dell’Opera di San Giorgio, fondi destinati a iniziative sociali, in
primis quello per sostenere le famiglie numerose più povere della
città.
Dopo le inchieste giornalistiche si è mosso anche papa Francesco.
Prima ha sospeso il prete dai suoi incarichi, poi ha nominato una
commissione d’inchiesta sulla sestuplicazione delle spese per il
nuovo centro. “L’elaborazione del progetto di costruzione nel suo
valore va fatta risalire in modo preponderante ai desideri del
vescovo, che ha eluso la questione dei costi consapevolmente,”
spiega la commissione in un report. In realtà, la costruzione del
capitolo del duomo già prima dell’insediamento del vescovo
spendaccione “era stata pianificata e comunicata con spese
irrealistiche”, cioè troppo basse. Ma invece di fare marcia indietro
Tebartz-van Elst ci ha marciato, comunicando ai fedeli costi inferiori
su carta e spendendo cifre astronomiche. Anche i componenti del
consiglio amministrativo, sorta di comitato di controllo, sarebbero
colpevoli per non aver vagliato con attenzione le operazioni
finanziarie del vescovo. In Germania la trasparenza resta comunque
un’utopia: il “Der Spiegel” ha contattato le ventisette diocesi