Page 131 - 101 storie di gatti
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Faceva freddo quella notte, Zora aspettò che gli esseri umani dormissero e uscì.
          Tutti gli animali erano scossi dal pianto di Baby. Zora solitamente cominciava la sua
          visita alle gabbie dei grandi felini. Gli animali si guardavano negli occhi senza
          parlare, e Zora si sentiva in colpa per la sua libertà e la sua vita fortunata e coglieva
          nei loro sguardi la rassegnazione dei detenuti. Il giro proseguiva verso i cavalli, i
          cammelli, le zebre, gli orsi e infine gli elefanti: la gatta aveva uno sguardo e

          un’attenzione per tutti, ma quella notte aveva fretta di andare da Baby. Arrivò da lei
          a notte fonda e, come tutte le notti, la trovò sveglia e sofferente. Zora usava sempre
          la stessa tecnica, si avvicinava piano piano, finché Baby, con la sua lunga
          proboscide, non la individuava annusandola; allora la gatta si lasciava ispezionare
          da quel naso amico e poi lentamente si avvicinava al muso dell’elefante e con
          affetto, come per consolarla, si strusciava vicino ai suoi grandi occhi pieni di
          lacrime, poi Zora cercava di lenire il dolore delle catene con delle piccole leccatine

          dove la carne era più viva e alla fine Baby la stringeva delicatamente arrotolando la
          proboscide a terra e si abbandonava al sonno, come se quella gatta fosse il suo
          angelo custode che la proteggeva dagli umani.
              Zora sapeva che doveva rientrare a casa prima che il circo e i suoi lavoranti si
          svegliassero, la sua mamma umana non voleva che andasse in giro dagli altri
          animali, ma quella mattina, dopo tanto dolore, Baby e Zora non si accorsero del

          sorgere del sole. Dormivano abbracciate e si svegliarono di soprassalto quando
          sentirono il motore del camion accendersi; in un attimo la gatta capì: erano venuti a
          prendere Baby, ma non sapeva se per la morte o per la salvezza, doveva saltare giù,
          stavano per chiudere le porte, ma appena si mosse Baby la strinse un po’ di più e la
          guardò come per dirle: «Non lasciarmi, ho paura della morte». Zora guardò gli occhi
          profondi di Baby e non si mosse. Il camion partì e nessuno si accorse della gatta
          abbracciata a Baby. Dopo qualche ora di viaggio, Zora capì che era una nuova vita

          quella che la attendeva, pensò con dolore ai fratelli animali che sarebbero rimasti
          per sempre a soffrire nel circo e con un po’ di tristezza salutò la sua mamma russa
          che sicuramente la stava cercando. Ma lei aveva scelto l’amicizia e la libertà.
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