Page 55 - Il mostro in tavola
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sintetica porterebbe a un risparmio del 90% del consumo di acqua e di terra e a un
risparmio del 70% dell’energia utilizzata in agricoltura.
Se l’hamburger sintetico non piace, l’altra soluzione sono gli insetti. Nel 2012 sono
stato invitato a una conferenza dal tema: futuro e agricoltura. A un certo punto, tra i
relatori appare una ragazza che parla di un suo lavoro di ricerca per rendere più appetibili
gli insetti. Dopo aver spiegato come gli insetti sarebbero entrati a far parte della nostra
dieta e dei modi per renderli più appetibili anche a chi non è abituato, ha tirato fuori un
regalo per tutti: dei biscotti realizzati con farina di locuste. Conservo ancora quel biscotto,
formidabile nel suo aspetto, del tutto uguale ad altri di cui però conosco gli ingredienti. Lo
tengo ancora impacchettato in bella vista, forse come monito di un futuro che sta
arrivando e a cui prima o poi dovremo abituarci.
Il vantaggio degli insetti è essenzialmente contenuto in due importanti aspetti, il primo è
la loro capacità di crescere in piccoli spazi, il secondo è la capacità di valorizzare il
mangime con cui vengono nutriti. Secondo i dati riportati dalla FAO nel Report sugli
insetti edibili, Edible Insects. Future Prospects for Food and Feed Security, 1 kg di
proteine animali viene ottenuto da 6 kg di proteine vegetali, 1 kg di carne di maiale viene
ottenuto con 5 kg di mangime, 1 kg di manzo viene ottenuto con 10 kg e 1 kg di pollo con
2,5 kg. Per ottenere 1 kg di insetti invece sono richiesti solo 1,7 kg, si aggiunge poi che
dell’insetto si riesce a mangiare l’80% della carcassa mentre del pollo e del maiale si
consuma solo il 55% – contrariamente al famoso detto «del maiale non si butta via
niente»; della vacca si consuma ancora meno dato che solo il 40% della carcassa sarà
utilizzata. Sono ben 1900 gli insetti commestibili, la scelta è davvero ampia. Inoltre gli
insetti sono ricchi di proteine, calcio, vitamine, sali minerali e hanno un basso contenuto
calorico.
In futuro dovremo anche preoccuparci del luogo in cui saranno coltivati i nostri
alimenti: la terra disponibile è sempre meno, quindi bisognerà coltivare ovunque sarà
possibile. Ad esempio nel deserto, come nel progetto «Sahara Forest Project» realizzato da
un’azienda norvegese, dove si prevede di coltivare cibo grazie a sistemi di serre, energie
rinnovabili e tecniche agronomiche innovative per rigenerare il deserto. In Etiopia, vicino
agli allevamenti di gamberi, hanno pensato di sfruttare l’acqua salata di scarto e
riutilizzarla per la coltivazione delle mangrovie allo scopo di ricavare foglie per nutrire il
bestiame, e ottenere fibre e miele. Dovremo quindi pensare di coltivare con tecniche di
agricoltura integrata, dove lo scarto di una produzione diventa il nutrimento per un’altra, e
chiudere i cicli produttivi: un esempio è l’acquacoltura che unisce l’allevamento dei pesci
con la coltivazione idroponica. Moltiplicare, integrare e coltivare ovunque. Anche la città
sarà interamente coltivata. L’agricoltura urbana oggi conta 800 milioni di agricoltori in
tutto il mondo, con una produzione di cibo che raggiunge l’11% del totale consumato.
Quegli orti urbani nelle nostre città che all’apparenza sembrano essere figli di una moda o
di una congiuntura economica particolarmente sfortunata, sono invece il frutto del futuro,
dove cambierà il nostro modo di abitare il pianeta e il nostro modo di coltivare ciò che
mangiamo. Il futuro lo si costruisce a partire dal nostro menù.