Page 56 - Il mostro in tavola
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L’era del cibo
Questo libro ha parlato di ciò che accade dietro le quinte del consumo alimentare per
offrire degli spaccati, per raccontare molti degli alimenti che arrivano sulle nostre tavole e
vedere cosa si nasconde dietro, tra i meccanismi del mercato, delle aziende e delle scelte,
anche le nostre scelte.
Siamo in una fase di cambiamento, ed è un momento in cui si sta delineando il futuro
prossimo.
In tutto il mondo le banche investono nel cibo, in Europa i fondi basati sulle materie
prime alimentari sono circa 66, per un valore di 3,6 miliardi di euro (fonte Oxfam).
Secondo le proiezioni di Oxfam International, nei prossimi venti anni i prezzi di alcuni
alimenti di base aumenteranno dal 120% al 180% mentre la domanda d’acqua crescerà del
30%, e le terre coltivabili diminuiranno. Tra i fattori che mettono il mercato del cibo sotto
pressione vi sono le coltivazioni non-food. Le misure a sostegno dei biocarburanti costano
ben 20 miliardi di dollari e sequestrano letteralmente il 40% del mais prodotto solo per
realizzare carburante. Gli effetti di questa incomprensibile scelta ecologista al contrario si
vedono e sono misurabili. Nel 2011, ad esempio, la produzione di cereali è stata la più alta
di sempre. I prezzi sono rimasti alti a causa dei consumi di biocarburanti e di mangimi. In
una situazione di forti pressioni economiche, ogni minima variazione o imprevisto può
generare ripercussioni pesanti. Il cambiamento climatico è una di queste variabili inattese,
la peggiore.
Stanno scomparendo infatti molte specie di piante, più del 15% della flora è a rischio
estinzione e nei campi coltivati si è passati da 6000 specie coltivate alle circa 200 di oggi.
Le ragioni sono diverse: una di queste riguarda il cambiamento climatico che seleziona
sempre di più le varietà di piante che possiamo coltivare, o almeno siamo noi a selezionare
ciò che crediamo sia giusto selezionare, riducendo poi di fatto il numero e la diversità in
campo, semplificando e per questa ragione rendendo più fragile il sistema produttivo,
perché meno capace di rispondere al cambiamento.
Secondo il più famoso climatologo del mondo, James Hansen, le ondate di caldo hanno
aumentato la loro frequenza. Sono passate dallo 0,1-0,2% contro una frequenza del 10%
dei nostri giorni. Si stima per questa ragione che i raccolti delle aree temperate del pianeta
aumenteranno del 3% nei prossimi decenni, a scapito dei paesi poveri che vedranno i
raccolti diminuire del 7%. Di male in peggio. Il cambiamento climatico è una colpa
dell’uomo, il quale non ha compreso che la battaglia che deve vincere non è produrre di
più ma produrre in maniera efficiente, seguendo il clima, ascoltando il cambiamento e
coltivando la natura, non modificandola a proprio piacimento. La sfida del futuro è
coltivare ecosistemi produttivi. Coltivare la biodiversità, creando sistemi agricoli stabili,
che richiedono meno energia. I paesi in via di sviluppo nel 2020 consumeranno più del
63% di carne. Ormai siamo di fronte ai nostri limiti. Se le coltivazioni non producono, da
un altro lato la ricerca disperata di produttività porta alla fame di terra. In Europa, come
nel mondo, il consumo alimentare consuma letteralmente il suolo. Si direbbe che in
Europa ci cibiamo di foreste, un effetto collaterale del nostro incontenibile sviluppo, che
necessita di produrre sempre di più mentre la terra non è più sufficiente a coprire i nostri
bisogni. Secondo i dati pubblicati dall’Unione Europea, dal 1990 al 2008 il 36% delle