Page 68 - La cucina del riso
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Piemonte
multe e perfino la prigione per chi non le rispettava. Esse però non toccava-
no il clero, che possedeva molti terreni coltivati a riso ed era completamente
indipendente dalle autorità civili.
Il 1700, nonostante fosse segnato da guerre che devastarono il territo-
rio, fu epoca di incremento della produzione, conquistando nuove aree di
coltivazione, come risposta alle gravi difficoltà alimentari popolari. È anche
il momento in cui si sviluppa una prima pianificazione della rete di canali di
irrigazione: Vittorio Amedeo III destinò a questo scopo le somme ricavate
dalla vendita dei beni dei Gesuiti, incamerati dallo Stato dopo la soppressio-
ne dell’Ordine. Fino ad allora il problema dell’irrigazione era stato quasi del
tutto ignorato, salvo qualche tentativo isolato per sanare la terribile situa-
zione sanitaria. Il marchese Fassati, uno dei più ricchi proprietari della città
di Casale, nelle sue risaie di Balzola, manteneva l’acqua sempre corrente,
forniva cibo sufficiente e vino ai suoi contadini nei mesi di luglio e agosto
e li obbligava a portare abiti di lana al mattino e alla sera per impedire il
morso della zanzara che provocava la malaria: in questo modo era riuscito
a bandire dalle sue terre le febbri e le malattie.
Nella storia della risicoltura piemontese, il XIX secolo è ricordato per
l’opera di costruzione della più importante rete irrigua a vantaggio della
coltivazione del riso. Camillo Benso conte di Cavour, ministro dell’agri-
coltura a metà Ottocento, preparò un progetto, innovativo per l’epoca, per
affidare direttamente agli agricoltori, riuniti in un’associazione, la gestione
delle acque. Nacque così l’Associazione di irrigazione all’Ovest del Sesia,
riconosciuta per legge nel 1853, cha aveva all’attivo ben 23 canali. Più di
3.500 agricoltori aderirono e l’appellativo “Consorzio irriguo” comparve
per la prima volta nel Codice Italiano. Il coronamento di quest’opera è costi-
tuito dalla costruzione del canale Cavour, nel 1863, destinato soprattutto ad
incrementare l’irrigazione anche nel Novarese e nella Lomellina, oltre che
a migliorare l’ambiente naturale del Vercellese. Negli stessi anni fu conce-
pita anche la stazione idrometrica sperimentale di Santhià, per misurare la
quantità di acqua distribuita agli utenti.
Parallelamente all’opera di bonifica e di irrigazione, si è proceduto
con la sperimentazione e lo sviluppo di nuove tecniche di coltivazione e la
selezione di nuove sementi. Si segnala in particolare, a inizio Novecento,
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