Page 67 - La cucina del riso
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Piemonte




               per un’estensione di circa tremila ettari. Risale ai Cistercensi l’ideazione di
               canali per lo sgrondo delle acque.
                    Dopo le sperimentazioni dei Cistercensi, la coltura venne introdotta nel
               Vercellese dalla Lombardia, negli ultimi anni del Quattrocento. Si trattava
               di una coltivazione estensiva che valorizzava sia le paludi sia le brughiere e
               che offriva numerose opportunità di lavoro a persone originarie della mon-
               tagna o delle terre più povere.
                    Il riso ha segnato quindi anche un movimento di genti e la conseguente
               ricomposizione del tessuto sociale. Nella seconda metà del 1500, l’afflusso
               di nuova manodopera nel Vercellese fu resa più agevole dalla lungimiranza
               del duca Emanuele Filiberto, il quale abolì la servitù della gleba. Nel 1600,
               la repressione della rivolta di Mondovì, contro l’eccesso di imposizioni tri-
               butarie, portò alla deportazione di centinaia di famiglie nelle risaie vercel-
               lesi; altrettanto accadde più tardi quando Vittorio Amedeo II, adeguandosi
               alla politica del Re Sole, ordinò la persecuzione dei valdesi, reprimendone
               la rivolta e deportandoli a lavorare nelle risaie. Più in generale, la coltura
               del riso favorì una notevole mobilizzazione di lavoratori stagionali dalla
               montagna, dalla Langa, dal Biellese e dal Monferrato, e in tempi successivi
               anche dal Veneto, per la monda del riso, contribuendo a migliorare la loro
               situazione economica.
                    Dal 1500 il riso entrò, al pari del mais, nella schiera dei nuovi alimenti
               con i quali placare la fame contadina. Di tale destinazione si hanno testi-
               monianze di come, in occasione di devastanti carestie, venissero dispensate
               ai tanti poveri della regione razioni giornaliere di riso. Fu probabilmente a
               causa di questa immagine di cibo povero, che il riso non trovò particolare
               attenzione nei ricettari delle corti cinquecentesche.
                    Con la coltivazione del riso, nacquero quasi subito i primi problemi di
               igiene e sanità pubblica: la risaia, infatti, con le sue acque stagnanti, rendeva
               l’ambiente malsano e produceva malattie, tra le quali la malaria, provocata
               dalla puntura della zanzara anofele che vive e si riproduce nelle acque fer-
               me. Il rimedio subito intravisto fu l’allontanamento delle risaie dalle zone
               abitate; pertanto le autorità iniziarono ad emanare una grande quantità di
               editti per limitare drasticamente la coltura del riso. Queste leggi dettavano
               la distanza minima dalle città a cui si poteva seminare il riso e prevedevano



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