Page 348 - La cucina del riso
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Sardegna




                 UN PRODOTTO TROPPO COSTOSO


                     Nella cultura gastronomica più antica della Sardegna, i piatti a base di
                 riso non hanno certamente l’importanza fondamentale assunta, sin da tempi
                 immemorabili, dalle paste di grano duro, dalle pietanze a base di legumi, dai
                 prodotti dell’orto e dalle carni rosse, che ne costituiscono l’ossatura portante.
                     La presenza del riso sulla tavola dei sardi, tuttavia, seppure sempre
                 poco diffusa, ha certamente radici molto lontane. Nel dialetto cagliaritano,
                 infatti, il riso viene chiamato “arrosu”. Nome di chiara etimologia spagnola,
                 “arroz”, che quindi fa pensare ad una sua introduzione nell’isola durante il
                 lungo periodo, quasi 500 anni, durante il quale i re di Spagna erano anche
                 re di Sardegna (1324-1718).
                     La mancata diffusione del riso, nell’antica cucina tradizionale, è tutta-
                 via ampiamente spiegabile con il fatto che questo cereale non era compreso
                 tra quelli coltivati nell’isola quindi, come tutte le merci che provenivano da
                 oltremare, aveva sicuramente un prezzo elevato.
                     La situazione socio-economica della regione, caratterizzata da un’eco-
                 nomia  agro-pastorale  piuttosto  povera,  da  sempre  vessata  da  tassazioni
                 coloniali estremamente esose, non favorì certamente la diffusione, su scala
                 popolare, di un prodotto molto più costoso dei cereali e legumi ampiamente
                 coltivati e diffusi nell’isola.
                     Il prodotto, inoltre, giungeva e veniva commercializzato, come tutti i
                 cereali, in sacchi di juta da 80-100 kg. Quindi venduto al dettaglio sfuso,
                 versandolo con una sassola in imbuti di cartapaglia, confezionati all’istan-
                 te dal bottegaio, nelle dimensione idonee a contenere la quantità di riso
                 richiesta. La vendita sfusa comportava una mondatura del prodotto, all’ori-
                 gine, piuttosto grossolana e generica. La massaia, prima di procedere alla
                 preparazione della pietanza, doveva cimentarsi in un’accurata mondatura
                 manuale. Distribuito il riso su un piano di legno, con l’aiuto della lama di
                 un coltello, separava le singole cariossidi, eliminando quelle più scure e
                 difettose, i residui di lolla, paglia e culmi spesso presenti. Non di rado si
                 ritrovavano piccoli sassolini bianchi, molto simili al riso, ma in grado di
                 arrecare seri danni alle dentature dell’eventuale malcapitato. Con le preve-
                 dibili ritorsioni anche sulla massaia distratta.



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